[Presos] Comunicato di Marco Camenisch

stefanari stefanari at interfree.it
Sat Jul 27 18:11:48 CEST 2002


Comunicato di Marco Camenisch

Trasferimento del sottoscritto all'ospedale universitario di Zurigo - presso l'Istituto diagnostico di Radiologia- per essere sottoposto alla risonanza magnetica all'addome, alle ore 15,30 del 1 luglio 2002.

Alle ore 14,30 abbandono la cella ed al pianterreno mi attendono 2 poliziotti in borghese e 3 o 4 in uniforme della polizia cantonale di Zurigo.
Informo l'agente in borghese che si comporta da caposcorta che circa mezz'ora prima del controllo devo assumere l'acqua che mi porto dietro, dentro una bottiglia di plastica, poiché la vescica dovrebbe essere piena per il controllo. Consegno all'agente la convocazione della clinica universitaria con le relative indicazioni. Nel caso mi fossero messe le catene ai piedi chiedo che per il percorso in clinica, probabilmente lungo, si organizzi una sedia a rotelle. L'agente mi dice di non preoccuparmi che ci penseranno loro. 
Vengo ammanettato con le mani dietro alla schiena e mi pongono la catena ai piedi; dai contatti radio riesco ad intuire che il dispositivo di sicurezza sia superiore rispetto a quello visibile. Con le catene ai piedi, l'altezza tra il suolo ed il furgone (senza predellino) non può essere superata con un passo; pertanto sono costretto ad inginocchiarmi sul pavimento del furgone e tirarmi su in qualche maniera con le mani dietro alla schiena per arrivare al sedile. Mi informano che il tragitto durerà circa 20 minuti.
L'aerazione della cabina detenuti, priva di aperture o finestre, non funziona.
All'arrivo, probabilmente nel cortile di una caserma di polizia a Zurigo, viene aperta la portiera posteriore del furgone e la porta a sbarre interna; mi informano che attenderemo qui fino all'esatto termine del controllo. Un agente mi porta la bottiglia alla bocca per bere, al che chiedo di essere ammanettato con le mani in avanti. Il caposcorta si rifiuta e dice "Lei sa come funziona", al che rispondo "Certo, sono in galera da più di 12-14 anni, mai con le catene ai piedi e le manette dietro la schiena". L'agente risponde "Lei conosce la sua nomea", al che dichiaro che questo tipo di ammanettamento/incatenamento è un umiliante maltrattamento tipico dei metodi fascisti americani e svizzeri, non necessari con un tale spiegamento militare e soprannumero. "Così o niente" dice l'agente. Al che svuoto la bottiglia tenuta dal secondo agente in borghese.
Non rifiuto, non potendo a cuor leggero mettere in questione la necessità del controllo medico con un rifiuto coerente.
Fino alla partenza la portiera posteriore del furgone è lasciata aperta per aerazione, ovviamente con il cancello a sbarre chiuso e sotto vigilanza.
Dopo un'attesa, alle 15,30 circa il caposcorta mi informa che stiamo partendo per il controllo.
Scendendo davanti all'ospedale, suppongo presso l'entrata principale, mi devo sedere sul pavimento del veicolo e, poggiando le mani ammanettate all'indietro prima sul sedile e poi per terra e sul culo, arranco fuori dal furgone. Inginocchiarsi è pericoloso (caduta) e doloroso per le invalidità alle gambe ed alle ginocchia causate da ferite d'arma da fuoco.
Il caposcorta mi comunica che purtroppo non sono disponibili delle sedie a rotelle, ma che il percorso sarà breve. Il percorso dal pianoterra all'ascensore e dall'ascensore al piano C, fino alla radiologia si rivela però lungo, anzitutto con le catene ai piedi che non permettono di fare dei passi, ma solo dei ridicoli passettini. I cerchi alle caviglie non provocano dolore, poiché preventivamente mi sono messo tre paia di calzini.
La scorta visibile d'agenti uomini ed una donna, in borghese ed in uniforme, consiste in almeno 8 poliziotti.
In radiologia chiedo di nuovo che mi vengano tolte le manette o che almeno mi vengano messe in avanti, visto che per effettuare la risonanza bisogna coricarsi sulla schiena e che sono necessarie delle torsioni per poter fare delle esplorazioni anche dal dorso, all'altezza dei reni. In questa maniera, inoltre, non si pregiudicano la corretta respirazione ed i trattenimenti del respiro necessari. 
Gli agenti chiedono al medico cosa sarebbe necessario, questi risponde che in queste condizioni farà quel che è possibile. Mi dovrei pure alzare la maglietta, faccio presente che sarebbe anche necessario abbassare i pantaloni e che sicuramente non permetterò a nessun poliziotto di armeggiare con la patta dei miei pantaloni. Ma qui in Svizzera non è necessario abbassare i pantaloni. Sempre per la stessa necessità sopra accennata mi corico sulla schiena, cioè sulle braccia e mani legate dietro di essa e sulle manette, tentando di far sporgere più possibile queste dal lato sinistro. Prima informo il medico sulle patologie da controllare: varicocele sinistro, angioma epatico, neoplasia surrenale destra. "Non mi riguarda il varicocele, qui c'è scritto solo del rene, posso controllare anche il fegato" dice il medico. Ripeto per la seconda volta che lo stesso controllo l'ho fatto varie volte come detenuto speciale in Italia, senza manette poiché altrimenti questo controllo non può essere eseguito correttamente. Il caposcorta dice "Non c'è nulla da discutere". Io dico che questa è una porcheria fascista.
Il controllo dura circa 20 minuti, il medico esplora gli organi dall'alto e di lato su di una superficie corporale molto minore che nei controlli precedenti. Le manette tagliano le braccia e le mani sulla schiena nuda e mi contorco per i forti dolori, mentre il medico mi dice di stare fermo.
Prima del ritorno non sento la necessità di andare al bagno.
Ritorno senza aerazione e bagnato di sudore; penso ai 300 maiali crepati poco tempo fa nella calura per l'aerazione guasta, vicino a Pfäffikon, e che le porcherie fasciste e della giustizia svizzera non sono porcherie ma umanerie.
Arrivo a Pfäffikon, mi levano manette e catena. Chiedo al caposcrota se è lui il capo del gruppo, ed annuisce. Lo prego di dirmi il suo nome e grado di servizio. Insicuro, mi chiede perché, non rispondo. Poi dice che saprò il suo nome, ma non adesso. Gli faccio presente che lui, il signor anonimo, avrà mie notizie. 
Le guardie che mi accolgono mi chiedono se ho dei problemi. Io chiedo loro quanto alta è la temperatura esterna. Ci sono circa 28 gradi C° sopra lo zero.

1) Il vano detenuti del furgone senza aerazione, né in andata né in ritorno, è in lamiera, lungo due sedili, largo la larghezza del furgoncino e alto poco meno di 1,5 metri. Unica apertura: un buco d'aerazione del diametro di circa 20 cm. con vari strati di retina spessa ed una copertura di lamiera a lamelle fini. Uscendo i 28 C° sembrano freddi.
2) Viaggiare con le manette all'indietro è una tortura per la posizione estremamente scomoda e perché le manette tagliano i polsi. Molto allarmante è anche il maggiore pericolo di ferimento in caso d'incidente. Non è possibile riparare istintivamente la testa ed il torace con le braccia e le mani. Non esiste imbottitura di protezione ad altezza testa, salvo un pezzo in direzione di guida che al massimo protegge nel caso di un lieve tamponamento. Se c'è un incidente serio la persona è scagliata in varie direzioni.
3) Nelle tante occasioni di controlli a risonanza magnetica i medici, se la scorta non li preveniva, chiedevano sempre con determinazione di togliere le manette messe, inoltre, esclusivamente davanti; perché altrimenti il controllo non sarebbe stato possibile effettuarlo. Il controllo delle aree del rene e del fegato venne sempre realizzato con esplorazioni di superfici più grandi dell'addome, davanti, di lato e di dietro ed in modo accurato. L'esplorazione effettuata oggi, a Zurigo è avvenuta senza calare i pantaloni, mentre nelle precedenti questo è sempre avvenuto, ed esplorando superfici molto più piccole omettendo l'esplorazione della schiena,  a livello della regione renale.
4) E' da chiedersi, se il medico abbia assolto il suo dovere deontologico non imponendo le condizioni necessarie per un corretto controllo e, di conseguenza, non eseguendo il controllo correttamente, secondo migliore conoscenza e coscienza. 
5) Evidente è la responsabilità del caposcorta per il trattamento inumano, umiliante; procurando dolori ed il cosciente e premeditato impedimento di un trattamento sanitario corretto.
6) Non è secondario che le catene ai piedi che costringono ad un'andatura ridicola e lenta e faticosa, messe per attraversare uno spazio pubblico di notevoli dimensioni e frequentazioni sotto scorta spettacolare, sono se non una voluta comunque accettata messa in mostra umiliante di un prigioniero, equivalente alla gogna medievale. 
7) Il controllo è di dubbia concretezza ed utilità anche perché, per non pesare con tutto il peso dell'addome sulle braccia ammanettate, si è costretti ad inarcare la schiena perennemente, contraendo sempre tutta la muscolatura addominale e della schiena con conseguente deformazione e pressione sugli organi. E' dubbio che in queste condizioni le misurazioni delle neoplasie con la risonanza magnetica possano risultare attendibili.

Prego la diffusione anche presso le organizzazioni per i diritti umani

Cari saluti, marco
carcere di Pfäffikon, ore 17, 1 luglio 2002

* * * * *
Marco Camenisch, nato il 21.01.1952 a Schiers (Svizzera), con due anni di detenzione nel 1979-1981 in Svizzera, quasi 11 di carcere speciale - EIVC in Italia dal 1991 al 2002, attualmente detenuto in attesa di giudizio presso il carcere di Pfäffikon.

Marco Camenisch
Hörnlistrasse, 55
8330 Pfäffikon 
Svizzera




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