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To: "Contropotere Newsletter" <contropotere at inventati.org>
Date: Thu, 18 Dec 2003 18:20:36 +0100
From: contropotere-admin at inventati.org
Subject: [Contropotere] ANALISI SULLA LEGGE 30 E DINTORNI
Reply-To: contropotere at inventati.org
LA FLESSIBILITA'
OVVERO
LA NEGAZIONE DEL DIRITTO AL LAVORO
INDICE
1. la parabola dei diritti dei lavoratori...........p. 2
2. le conseguenze della flessibilita'/precarieta' del lavoro....p. 3
3. gli anni '90.......................p. 3
4. la destra deregolamenta il lavoro.............p. 4
· il Decreto legislativo n. 368/2001 (contratti a termine).....p. 4
· il Decreto legislativo n. 66/2003 (orario di lavoro)......p. 5
5. il Decreto legislativo n. 276/2003 (applicativo della L. 30) ..p. 5
· A) la separazione del lavoro dall'impresa...........p. 7
a. la somministrazione di lavoro...........p. 7
b. l'appalto di lavoro..................p. 7
c. il trasferimento di un ramo d'azienda.........p. 8
· B) il "Testo Unico" del lavoro precario............p. 8
a. il lavoro intermittente...........p. 8
b. il lavoro ripartito.............p. 9
c. il lavoro a tempo parziale...........p. 9
d. l'apprendistato................p. 9
e. il contratto di inserimento..........p.10
f. il lavoro a progetto.............p.10
g. il lavoro accessorio.............p.11
· C) applicazione alla pubblica amministrazione......p.11
6. ipotesi di intervento per il boicottaggio della L.30.......p.12
1. LA PARABOLA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI
Fino agli anni '50 le imprese potevano scegliere liberamente se assumere i
lavoratori con contratto a termine o con contratto a tempo indeterminato e
potevano licenziare anche i lavoratori assunti a tempo indeterminato senza
dover addurre nessuna motivazione, con un breve preavviso.
Nel corso degli anni '60 e '70 la stabilità del posto di lavoro fu
progressivamente rafforzata, in particolare, da tre leggi: L.230/1962
(limitava a cinque casi ben precisi la possibilità di stipulare un contratto
a tempo determinato); L.604/1966 (subordinava il licenziamento al sussistere
di una giusta causa o di un giustificato motivo, nelle imprese con più di 35
dipendenti); L.300/1970 ( "Statuto dei lavoratori": oltre a "far entrare la
Costituzione nei posti di lavoro", col diritto al reintegro in caso di
licenziamento illegittimo rendeva "reale" la tutela dei lavoratori, nelle
imprese con più di 15 dipendenti: art.18).
Questo insieme di tutele viene sottoposto ad un processo prima episodico e
lento, poi sistematico e velocizzato di smantellamento.
Nel 1978 viene parzialmente estesa per la prima volta la possibilità di
stipulare contratti a termine per i giovani (legge cd. "sull'occupazione
giovanile"), nel 1984 vengono introdotti i "contratti di formazione -
lavoro" che estendono sensibilmente questa possibilità.
Negli anni '90 la flessibilità viene assunta dai sindacati confederali come
un elemento che favorisce l'occupazione e, a seguito della politica
concertativa, viene inserita negli accordi Governo - Sindacati -
Confindustria del 1993 (quello della "politica dei redditi") e del 1996
("Patto per il lavoro"). Quest'ultimo si traduce nel "pacchetto" Treu
(L.196/1997), che nell'ambito della politica di concertazione, tipica dei
governi di centrosinistra, diventa sostanzialmente un passo obbligato. Esso
introduce, tra l'altro, il lavoro interinale, sia pure (come sottolineò il
"Sole-24 ore") "mettendolo in gabbia": era regolamentato in modo che non
potesse essere utilizzato in agricoltura e nell'edilizia e poteva riguardare
lavoratori almeno del 5° livello. Nel 1999, a seguito delle pressioni, forse
non necessarie, dei sindacati, il lavoro interinale fu esteso ai settori
lavorativi per i quali era escluso ed ai lavoratori di 2° livello dal
governo D'Alema.
Poi, col governo Berlusconi, il diluvio: D.lgs. 6/9/2001, n.368/2001 sul
contratto a termine; D.lgs. 8/4/2003, n.66/2003 sull'orario di lavoro e
D.lgs. 10/9/2003, n. 276/2003, attuativo della L. 14/2/2003 n.30 sul mercato
del lavoro travolgono qualsiasi parvenza di diritto per i lavoratori. L'
obiettivo dichiarato, nel più completo ossequio della globalizzazione
capitalistica, è quello di rendere l'Italia più accogliente possibile per il
capitale finanziario nei suoi flussi internazionali, proponendosi come oasi
di flessibilità assoluta ("il paese più americano", come lo ha definito
raggiante Berlusconi durante il suo pellegrinaggio negli USA).
Come è facile constatare, l'andamento dei diritti dei lavoratori segnala con
precisione lo stato dei rapporti di forza tra capitale e lavoro. Basti
ricordare che nel periodo ascendente (anni '60 - '70) le lotte dei
lavoratori ottennero, attraverso i rinnovi contrattuali, anche sensibili
aumenti del salario reale e la riduzione dell'orario di lavoro, mentre a
partire dalla seconda metà degli anni '70 iniziarono gli attacchi alla scala
mobile ed al salario, che si velocizzarono negli anni '80, ed in particolare
negli anni '90. Così come non è un caso che la riforma delle pensioni che
introduceva un sistema pensionistico a ripartizione e con sistema di calcolo
retributivo (appunto ciò che viene smantellato nel 1995 da Dini e che oggi è
di nuovo sotto attacco!) venga varata nel 1969.
2. LE CONSEGUENZE DELLA FLESSIBILITA'/PRECARIETA' DEL LAVORO
La precarietà del lavoro, determinata dalla flessibilità del mercato del
lavoro, produce conseguenze devastanti per la qualità della vita dei
lavoratori e innesca processi che si riflettono in negativo sulla qualità e
quantità dei servizi sociali, sulle pensioni e sul processo produttivo.
In particolare determinano:
· Un ferreo comando sul lavoro da parte del capitale, con tutto ciò che ne
consegue in termini di controllo sull'organizzazione del lavoro da parte
delle imprese e di peggioramento delle condizioni di lavoro (ritmi,
sicurezza,ecc.)
· Un peggioramento , spesso ai limiti della ingestibilità, del rapporto tra
tempo di vita e tempo di lavoro;
· Una riduzione dei salari, e, quindi, da un lato, delle entrate
contributive ( e delle pensioni) e, dall'altro, delle entrate fiscali (e dei
servizi sociali ). Per questa via contribuisce allo smantellamento dello
Stato sociale, aprendo così spazi per la privatizzazione dei servizi;
· Un peggioramento della professionalità e quindi sia della qualità dei
servizi che dell'efficienza produttiva;
· Una riduzione della domanda di beni di consumo che pone le condizioni per
uno stato endemico di stagnazione economica che mantiene un elevato tasso di
disoccupazione, funzionale al controllo del conflitto sociale.
3. GLI ANNI '90
Nel paragrafo 1 si è già vista la progressione della precarietà del lavoro a
partire dagli anni '90, dopo che le confederazioni sindacali hanno assunto
la flessibilità del lavoro come necessaria ai fini dell'aumento dell'
occupazione, effetto mai dimostrato, né dimostrabile, ma aspetto centrale
dell'ideologia neoliberista.
[Lo stesso Pietro Ichino, illustre giuslavorista dell'area 'liberal' dell'
Ulivo, deve riconoscere questa semplice verità, pur essendo un acerrimo
avversario dell'art. 18, al punto da aver ispirato, in qualità di esperto
del governo D'Alema, un disegno di legge che "Il Sole-24 ore" del 7/9/98
definiva in termini entusiastici ( "Una riforma di ampio respiro è stata
messa a punto dal senatore Franco Debenedetti[DS], che propone una nuova
disciplina del recesso: un unico regime che riduca l'inamovibilità del
lavoratore e la rigidità nella tutela contro il licenziamento
individuale....In sintesi.....in prima fila cadrebbe la disposizione che
vieta il licenziamento se non per giusta causa o giustificato motivo. In
cambio, viene previsto un lungo preavviso di licenziamento, da 6 a 12 mesi
per i lavoratori subordinati di aziende con più di 15 dipendenti e da 3 a 6
mesi in tutti gli altri casi...,con il pagamento di un'indennità." ).
Infatti, in un recente volume ('Non basta dire no', Mondatori 2002) ammette
che " i risultati della ricerca economica non consentono di affermare che a
un aumento della libertà di licenziamento corrisponderebbe né una riduzione
del nostro tasso di disoccupazione né un aumento della competitività delle
nostre imprese".]
Da questo punto di vista, le politiche del governo di destra si pongono in
continuità con quelle del centrosinistra.
Ci sono, tuttavia, significativi elementi di differenza, che, tra l'altro,
hanno contribuito a produrre il cambiamento di rotta della CGIL rispetto
alle tematiche relative ai diritti. In particolare:
· Fino al 2001 il contratto a tempo indeterminato resta il contratto
standard, mentre gli altri tipi di rapporto di lavoro rappresentano delle
eccezioni alla regola (lavori "atipici"), sempre più frequenti e multiformi,
ma ancora eccezioni da motivare e regolamentate dalla contrattazione
collettiva. Dopo il decreto che liberalizza il rapporto di lavoro a termine,
il contratto a tempo indeterminato è solo uno dei tanti. Gli altri contratti
non sono più eccezioni, non richiedono più motivazioni particolari.
· La legge 30 regola il lavoro come una merce qualsiasi. E' significativa,
anche dal punto di vista simbolico, l'estensione del contratto di
somministrazione (contratto tipico del diritto commerciale) al lavoro. L'
art. 1559 del codice civile definisce il contratto di somministrazione come
un contratto che regola ".prestazioni periodiche o continuative di cose."
Prima si somministrava l'acqua, il gas, l'energia elettrica.ora si può
somministrare ( a tempo determinato o indeterminato! ) anche.il lavoro.
Mettendo insieme gli effetti dei tre principali interventi della destra in
materia di lavoro, c'è da chiedersi se il diritto del lavoro conservi una
sua autonomia rispetto al diritto commerciale.
· Cambia anche il rapporto tra legge e contratto. In passato la legge
fissava le regole essenziali in materia di lavoro ed il ruolo della
contrattazione era quello di estenderli. Dopo la legge 30 abbiamo la
deregolamentazione del lavoro per legge ed il ruolo del contratto diventa
quello di contenerla e controllarla.
Le differenze, quindi, non sono solo quantitative, ma anche qualitative.
Restano comunque gravissime le responsabilità del centrosinistra e dei
sindacati: a) per le politiche di precarizzazione del lavoro che hanno
aperto la strada all'opera di macelleria sociale della destra; b) per la
devastazione culturale che hanno prodotto tra i lavoratori avallando tutti
gli assi centrali del pensiero unico neoliberista.
4. LA DESTRA DEREGOLAMENTA IL LAVORO
Quando si parla di salto qualitativo e quantitativo della flessibilità e
precarizzazione del rapporto di lavoro ( la tipologia contrattuale) e della
prestazione lavorativa (l'organizzazione materiale del lavoro), ci si
riferisce ai tre decreti già citati nel paragrafo 1.
· Il decreto legislativo sul contratto di lavoro a tempo determinato (n.
368/2001). Abroga la L. 260/1960, eliminando qualsiasi causale per l'
attivazione di questa tipologia contrattuale, cui il datore di lavoro può
ricorrere per "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo". La durata del contratto è una variabile dipendente dal
contesto produttivo. Può essere rinnovato all'infinito, a patto che
trascorrano 10 (se la sua durata è di 6 mesi) o 20 giorni (se ha durata
superiore) tra cessazione e rinnovo, altrimenti si trasforma in contratto a
tempo indeterminato. Se il contratto non prevede una durata superiore ai 9
mesi, i lavoratori assunti non vengono conteggiati ai fini dell'applicazione
dell'art. 18. Si ha quindi la liberalizzazione del contratto a termine, con
le conseguenze viste al paragrafo 3. Si arriva al decreto come applicazione
di una direttiva UE sulla base di un. "avviso comune" coi sindacati non
sottoscritto dalla CGIL.
· Il decreto legislativo sull'orario di lavoro (n. 66/2003). Anch'esso
deriva da una direttiva UE ed anche in questo caso la CGIL non firma l'"
avviso comune". La gigantesca novità sta nel fatto che sparisce la durata
della giornata lavorativa. Siccome si stabilisce che il riposo cui ha
diritto il lavoratore è di 11 ore continuative entro le 24, ne deriva che,
fatto salvo il tetto degli straordinari (che però non viene più fissato
trimestralmente, ma annualmente ed è pari a 250 ore), il lavoratore può
anche avere una giornata lavorativa di 13 ore. Poi, durante la settimana o
il mese, ci può essere uno stemperamento dell'orario che faccia tornare i
conti rispetto all'orario settimanale normale (40 ore) più lo straordinario
calcolato su base annua. Inoltre si eliminano tutte le garanzie relative al
lavoro notturno per minori, donne ed inabili al lavoro. Il part-time può
avere ogni giorno durata diversa. Ciò flessibilizza la gestione del tempo di
lavoro, sottraendola al controllo del lavoratore e dei sindacati. Il decreto
sul contratto a termine e la L. 30 flessibilizzano il rapporto di lavoro,
questo decreto flessibilizza la prestazione lavorativa.
· La legge delega n. 30/2003, ormai concretizzatasi nel decreto legislativo
n. 276/2003, entrato in vigore il 24 ottobre scorso, cui è dedicato il
successivo ampio paragrafo.
5. IL DECRETO LEGISLATIVO 276/2003,
APPLICATIVO DELLA LEGGE 30
Si tratta di un provvedimento molto invasivo e minuziosamente sistematico
nel regolare la deregolamentazione del rapporto di lavoro. Infatti, non si
limita a sistematizzare in modo ossessivo-maniacale il lavoro precario
(arrivando a costituirne un vero e proprio Testo Unico), ma interviene anche
sull'organizzazione del mercato del lavoro, sul ruolo del sindacato e sull'
art. 18.
· Riguardo all'organizzazione del mercato del lavoro, abbiamo la totale
privatizzazione del sistema del collocamento pubblico, già intaccato dal
centrosinistra ( D.lgs. 469/1997 ) con la creazione di soggetti privati
autorizzati alla mediazione tra domanda e offerta di lavoro ed alla
selezione della manodopera. Vengono create le Agenzie per il lavoro (
rispettati determinati requisiti: forma societaria, capitale sociale,
autorizzazione del Ministero, accreditamento della Regione ) che svolgeranno
attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del
personale, ricollocazione professionale. Esse si affiancheranno ai Centri
per l'impiego, con la concreta possibilità di svuotarne l'attività.
· Riguardo al ruolo del sindacato, c'è l'attribuzione di funzioni di
collocamento e di certificazione dei contratti. I contratti di lavoro
intermittente, ripartito, a tempo parziale ed a progetto possono essere
certificati, su richiesta delle parti, al fine di ridurre il possibile
contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro.La
certificazione ne determina il pieno valore giuridico. Possono certificare i
contratti diversi soggetti, tra i quali gli enti bilaterali ( "organismi
costituiti ad iniziativa di una o più associazione dei datori e dei
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative"). Si tratta,
quindi, di soggetti (che peraltro già esistono su iniziativa autonoma e
concertativa con altre prerogative) di cui sono chiamati a far parte i
sindacati confederali. Essi, certificando i contratti, daranno il loro
assenso a transazioni riguardo a diritti e tutele dei lavoratori. Si chiede
ai sindacati di farsi formalmente garanti di rinunce a diritti in cambio di
un posto di lavoro. Gli si chiede anche di configurarsi come soggetti privi
di qualsiasi mandato da parte del lavoratore. Lo schema di decreto prevede
anche che gli enti bilaterali possano svolgere ruolo di intermediazione di
lavoro (collocamento), mescolando la funzione di rappresentanza contrattuale
con quella di poter "piazzare" i propri iscritti. La CGIL è duramente
contraria a questa normativa, ma ciò
non impedirà, probabilmente, la costituzione degli enti bilaterali.
.
Riguardo alle varie tipologie contrattuali, il decreto riserva
apparentemente un ruolo molto ampio alla contrattazione collettiva, spesso
richiamata (ed attribuita ai sindacati "comparativamente più
rappresentativi") per la definizione dei profili da assegnare ai contratti.
In realtà, però, da un lato, non esiste nessun requisito misurabile della
rappresentatività dei sindacati ( non avendo il centrosinistra approvato
nessuna legge che regolasse il problema della rappresentanza sindacale) e,
dall'altro, il decreto prevede che in mancanza del raggiungimento, entro 6
mesi, di un accordo sindacale, interverrà un decreto ministeriale.
· Attraverso la variazione delle norme relative al trasferimento dell'
azienda, si opera l'aggiramento dell'art. 18. Si prevede, infatti, che sia
possibile cedere "parte dell'azienda, intesa come articolazione
funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata
come tale dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento".
Finora poteva essere ceduto un ramo di un'azienda solo se preesisteva il
requisito della sua autonomia funzionale. Ora questo requisito può essere
identificato al momento del trasferimento dagli stessi imprenditori! C'è
quindi la possibilità per l'impresa di creare strumentali e temporanee
condizioni di autonomia di un settore di lavoro, per trasferire il personale
ad aziende collegate che abbiano meno di 16 dipendenti. Solo il successo del
referendum per l'estensione dell'art. 18 avrebbe potuto vanificare questa
norma rendendola inutile, perché avrebbe esteso la tutela "reale" al di
sotto della soglia dei 15 dipendenti.
In questo modo siamo entrati nella parte più ampia del decreto, quella
dedicata alla minuziosa (de)regolamentazione dei rapporti di lavoro. Si è
già fatto riferimento al messaggio inequivocabile di mercificazione del
lavoro, che si accompagna ad una concezione della precarizzazione come
condizione inevitabile ed accettata della nuova economia. Si tratta, dunque,
di un provvedimento pericoloso, oltre che per i suoi perniciosi contenuti,
anche per l'operazione culturale che si propone di far passare.
Non a caso, a fronte degli attacchi della destra è maturata una forte tenuta
della CGIL in materia di diritti dei lavoratori, che si è espressa nel
rifiuto di firmare gli "avvisi comuni" in materia di contratto a termine e
di orario di lavoro, oltre che il "Patto per l'Italia", nell'invito a votare
SI al referendum per l'estensione dell'art. 18 e nella produzione di una
preziosa ed ampia documentazione di analisi critica e di denuncia dei
contenuti del decreto 276/2003.
Nei successivi paragrafi cercherò di sintetizzare le caratteristiche delle
forme contrattuali introdotte o modificate dal decreto legislativo ( da
notare che il complesso delle tipologie contrattuali, considerando le
articolazioni che possono assumere i contratti qui trattati, assommano a più
di 40! ).
Questa sintesi, insieme alle ipotesi di intervento in sede sindacale o/e
giudiziale, è tratta da un ampio documento scritto, nell'ottobre scorso, dal
giurista Piergiovanni Alleva per l'Ufficio giuridico della CGIL, dal titolo
"Ricerca e analisi dei punti critici del decreto legislativo 276/2003 sul
mercato del lavoro".
L'autore individua due aree tematiche nel decreto:
A) la separazione del lavoro dall'impresa, cioè le possibilità che offre
agli imprenditori di utilizzare lavoratori senza assumere le relative
responsabilità ed i doveri che normalmente ne conseguono;
B) la sistematizzazione, tipica di un Testo unico, del lavoro precario.
5.A) LA SEPARAZIONE DEL LAVORO DALL'IMPRESA
Essa prende vita dall'abrogazione della legge n. 1369/1960 operata dall'art.
85 del decreto. Quella legge stabiliva il principio secondo il quale è
datore di lavoro chi utilizza effettivamente le prestazioni lavorative.
Principio che impediva: a) la somministrazione di lavoro altrui (il formale
datore di lavoro assume il lavoratore al solo scopo di "affittarlo" ad un
altro imprenditore - utilizzatore), cioè la fornitura di lavoro"da
organizzare"; b) l'appalto di manodopera (il formale datore di lavoro dirige
e organizza le prestazioni dei lavoratori, ma al fine di realizzare un
servizio, o una fase produttiva, a favore di un imprenditore - committente -
utilizzatore), cioè la fornitura di lavoro "organizzato". In particolare era
vietato l'appalto di sola manodopera. Infatti, per essere legittimo, l'
appalto doveva prevedere, oltre all'utilizzo della manodopera, anche l'
impiego di attrezzature, capitali, mezzi dell'appaltatore (in questo caso i
lavoratori dipendevano effettivamente dall'appaltatore e non, come nel caso
di appalto di sola manodopera, dal committente - utilizzatore).
Questa tutela è stata incrinata dall'introduzione del lavoro interinale, che
però costituiva un'eccezione, con una serie di garanzie formali, relativa
solo alla somministrazione di lavoro "non organizzato" a tempo determinato.
Il D.lgs.276, invece, cancellando la L. 1369/1960, apre la strada sia alla
somministrazione che all'appalto di lavoro.
a) La somministrazione di lavoro è imperniata su 2 rapporti contrattuali
paralleli: 1) tra agenzia di somministrazione e impresa utilizzatrice
(contratto di somministrazione di lavoro); 2) tra lavoratore ed agenzia
(contratto di lavoro somministrato).
Le agenzie di somministrazione di lavoro sostituiscono le agenzie
interinali, infatti "somministrano" lavoro ad imprese che lo utilizzano, ma
il contratto di somministrazione di lavoro può essere sia a tempo
determinato che a tempo indeterminato ("staff leasing", per esigenze
continuative dell'impresa utilizzatrice). Secondo la vecchia normativa, il
lavoro interinale era, pareva per sua natura, a tempo determinato, invece il
lavoro somministrato può essere anche a tempo indeterminato. In astratto,
sarà possibile che un lavoratore operi per tutta la vita in un luogo di
lavoro senza essere dipendente dell'impresa che lo gestisce! Così come sarà
possibile che un imprenditore non sia datore di lavoro di nessuno dei
lavoratori che operano nella sua azienda!
Occorre garantire, facendo leva su argomentazioni contenute nel decreto
stesso, che al contratto di somministrazione a tempo indeterminato
corrisponda, presso l'agenzia, un lavoratore assunto a tempo indeterminato
dall'agenzia stessa, evitando, invece, che ad esso corrisponda un
susseguirsi infinito di lavoratori "somministrati" a tempo determinato. Si
aprirebbero, così, gli spazi per una trattativa sindacale rivolta a
disciplinare lo status giuridico - economico del lavoratore dipendente a
tempo indeterminato dell'agenzia. Inoltre, è possibile che, in questo caso,
l'imprenditore - utilizzatore finisca con l'assumere quel lavoratore, visto
anche che gli costerebbe più di un suo dipendente ( il lavoratore
"somministrato" ha diritto ad una retribuzione pari a quella dei dipendenti
dell'utilizzatore, che però, per garantirsi i vantaggi della separazione del
lavoro dall'impresa, dovrebbe pagare anche il profitto incamerato dall'
agenzia ).
b) L'appalto di lavoro è l'istituto più pericoloso ai fini della
realizzazione della scissione del lavoro dall'impresa, dato che: 1) non sono
previsti per l'appaltatore i requisiti previsti per l'agenzia; 2) non esiste
il diritto alla parità di trattamento per il lavoratore "appaltato" rispetto
ai dipendenti del committente - utilizzatore.
La fornitura di lavoro "organizzato" prevede l'utilizzazione di "mezzi" da
parte dell'appaltatore, ma il decreto 276 stabilisce che organizzazione di
mezzi possa essere anche l'esercizio del potere organizzativo e direttivo
nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto ( ad esempio, una
squadra di operai magazzinieri guidata dall'appaltatore - capo magazziniere,
libera il committente - utilizzatore da ogni responsabilità ed obbligo
giuridico).
L'art, 84, però, prevede la possibilità per i sindacati di verificare l'
esistenza di una reale organizzazione di "mezzi". Essi devono consistere in
beni strumentali o capitali investiti. C'è, quindi, la possibilità per i
sindacati di intervenire per definire una rigorosa piattaforma in materia di
appalti.
c) La modifica della disciplina del trasferimento del ramo d'azienda
determina un'altra situazione di scissione tra lavoro ed impresa. Spesso,
infatti, tale trasferimento tende semplicemente alla "esternalizzazione" di
una parte dell'attività di impresa ad un soggetto non indipendente dall'
imprenditore cedente, come quando il cedente è l'impresa principale ed il
cessionario è un'impresa ad essa collegata ( ad esempio, un imprenditore
costituisce una nuova società e poi le cede un suo reparto). In tal modo,
anche prima si poteva aggirare l'art. 18, ma, come abbiamo visto nel
paragrafo 5, occorreva che sussistesse l'autonomia funzionale(si doveva
trattare di un ramo d'azienda capace di stare autonomamente sul mercato).
Il decreto 276 prevede, non solo che l'autonomia funzionale non necessita
più della preesistenza, ma anche che è sufficiente il suo riconoscimento da
parte dei contraenti! E' assolutamente chiaro l'intento di facilitare le
"esternalizzazioni" del lavoro.
Ma pare attaccabile e contestabile in sede giudiziale e contrattuale. L'
autonomia funzionale non può dipendere dalla volontà di parti private, ma è
legata alla capacità di funzionare autonomamente.
5.B) IL "TESTO UNICO" DEL LAVORO PRECARIO
Vengono regolamentati, in successione, rapporti precari di lavoro
subordinato (lavoro intermittente, ripartito ed a tempo parziale), rapporti
precari di lavoro subordinato e formazione (apprendistato e contratto di
inserimento) e rapporti precari di lavoro autonomo ( lavoro a progetto,
occasionale ed accessorio).
a) Il lavoro intermittente estremizza la condizione del lavoratore "a
chiamata": è incerto, non solo il "quando" della prestazione lavorativa, ma
anche il "se", configurando una situazione di massima invasività nella vita
del lavoratore.
Il decreto, però, prevede il pagamento di una indennità di disponibilità
"per i periodi nei quali il lavoratore.garantisce la disponibilità.in attesa
di utilizzazione". Questa indennità è stata introdotta perché altrimenti si
sarebbe rientrati nella tipologia del "part - time a chiamata", dichiarato
illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza 210/92. L'indennità è il
corrispettivo della invasività del tempo di vita del lavoratore e della sua
possibilità di impegnare altrove le sue energie lavorative. Quindi, essa,
proprio perché ha natura di corrispettivo dovrebbe rispondere al requisito
richiesto dall'art. 36 della Costituzione ("Il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione..in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua
famiglia una esistenza libera e dignitosa"). Nel concreto va definita da un
contratto collettivo, che potrebbe essere il C.C.N. per i lavoratori
interinali a tempo indeterminato, che prevede la corresponsione di ? 516
mensili, come indennità per i periodi che intercorrono tra una "missione" e
l'altra. Dovrebbe, anzi, essere superiore, perché il rapporto di lavoro
intermittente presuppone periodi assai più lunghi di inattività.
In conclusione, o il lavoro intermittente è incostituzionale, o prevede il
pagamento di una indennità di disponibilità superiore a ? 516, quindi
diventa troppo costoso per un uso assai ristretto del lavoratore da parte
dell'impresa.
b) Il lavoro ripartito ( job - sharing ) è finalizzato ad aggirare l'art.
2110 del Codice civile che addossa al datore di lavoro il rischio dell'
impossibilità temporanea delle prestazioni. Essa verrebbe riversata sull'
altro lavoratore o sull'altra lavoratrice, che dovrebbe farsi carico della
prestazione del partner in caso di malattia, infortunio o gravidanza. In
caso di impedimento di entrambi il rapporto si estingue o si sospende senza
oneri per il padrone.
Ma l'art. 2110 non scompare ed è difficile comprendere come possa restare
estraneo ad un rapporto di lavoro, che resta pur sempre subordinato, senza
problemi di costituzionalità. Le tutele normative della malattia e delle
altre situazioni risale addirittura al XIX secolo.
Il decreto contiene anche alcune contraddizioni ed una norma per la quale la
grave infrazione disciplinare commessa da uno dei partner farebbe perdere il
lavoro anche all'altro.
In conclusione, è poco attraente , naturalmente per i lavoratori, ma anche
per le imprese, che dovranno essere disposte ad affrontare il rischio di una
inevitabile contestazione. Quindi, pare di difficile applicazione, in
presenza di una pressione rivolta a garantire i lavoratori.
c) Il lavoro a tempo parziale Il decreto, a questo proposito, contiene
imponenti modifiche rispetto alla normativa precedente. Eccone alcuni
esempi.
Nel part - time orizzontale (su tutte le giornate lavorative, ma ad orario
ridotto), il lavoro supplementare (oltre l'orario pattuito) non può più
essere rifiutato dal lavoratore se ne è prevista la possibilità dal
contratto collettivo. Infatti, in caso di rifiuto, il lavoratore è
sottoposto a sanzioni disciplinari (anche se non licenziato).
Nel part - time verticale (in alcune giornate della settimana, del mese o
dell'anno) e nel part - time misto (combinazione dei due tipi: alcune
giornate a orario ridotto ed altre a tempo pieno o non lavorate, nell'arco
della settimana, del mese o dell'anno), le clausole flessibili e/o
elastiche (modifica della collocazione oraria del lavoro e/o suo aumento)
possono essere "concordate" direttamente tra padrone e lavoratore all'atto
dell'assunzione e poi applicate con preavviso di 2 giorni. Il lavoratore può
rifiutarsi di sottoscriverle, se successive all'assunzione, però rischia di
essere sanzionato disciplinarmente (non licenziato).
Torna in campo il lavoro a chiamata, perché il part - time diventa un
contratto per una certa quantità di ore predefinita, ma che il padrone può
ricollocare temporalmente. Incombe, quindi, l'ipoteca del divieto di
invasività (sentenza della Corte costituzionale n. 210/92, vedi quanto detto
a proposito del lavoro intermittente), con maggiori difficoltà, perché qui
viene predefinita la quantità di lavoro (part - time) e, quindi, l'
invasività sarà legata all'entità della banda di oscillazione entro cui la
"libera" pattuizione tra le parti consente al padrone di variarne l'entità.
Prevede, dunque, maggiori poteri per "il datore di lavoro", ma con l'
esposizione a rischi notevoli di vertenzialità.
I rapporti di lavoro di tipo formativo sostituiscono la vecchia normativa
dell'apprendistato ed i contratti di formazione e lavoro (questi ultimi
restano applicabili solo nella pubblica amministrazione).
d) La nuova disciplina dell'apprendistato va vista nel quadro retrogrado e
reazionario delle scelte educative previste dalla "riforma" Moratti.
Significativi, da questo punto di vista, sono persino le denominazioni dei
tre tipi di contratto d'apprendistato che vengono regolamentate.
Contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto - dovere di
istruzione, per gli adolescenti di 15 anni, di durata non superiore ai tre
anni, finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale.
Contratto di apprendistato professionalizzante, per i giovani tra i 18 ed i
29 anni, che persegue la qualificazione attraverso la formazione sul lavoro.
Contratto di apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi
di alta formazione, per giovani tra i 18 ed i 29 anni.
e) Il contratto di inserimento Esprime il massimo grado di pericolosità. Si
tratta di un contratto a termine di notevole durata (da 9 a 18 mesi) non
rinnovabile tra le parti. E' il contratto precario per eccellenza, anche
perché destinato a tutti i lavoratori che si trovino ( o finiscano) fuori
dalla "cittadella" fortificata del lavoro subordinato tradizionale. L'elenco
dei soggetti che possono essere assunti coincide, infatti, con le fasce più
deboli del mercato del lavoro ed è pensato per marginalizzarli
ulteriormente. Giovani tra i 18 ed i 29 anni, disoccupati di lunga durata
tra i 29 ed i 32 anni, lavoratori di più di 50 anni privi di lavoro,
lavoratori desiderosi di riprendere a lavorare e che non lavorino da 2 anni,
donne di qualsiasi età residenti in zone in cui l'occupazione femminile è
penalizzata, portatori di gravi handicap fisici, psichici o mentali.
Consente un inquadramento di ben due livelli più basso di quello
corrispondente alle mansioni svolte, con esclusione dal computo dei livelli
occupazionali.
L'inserimento lavorativo sarebbe garantito dal fatto che, per poter assumere
una "seconda leva" di lavoratori con questo contratto, il padrone deve aver
mantenuto in servizio, con un contratto a tempo indeterminato, almeno il 60%
dei lavoratori della "leva precedente".Il fatto è che le eccezioni previste
sono tali da depotenziare molto o annullare di fatto (per le imprese più
piccole) quest'obbligo. Infatti, dal computo su cui si deve calcolare quel
60% vanno dedotti: i lavoratori dimissionari, quelli licenziati per giusta
causa o durante il periodo di prova ed, in ogni caso, quattro contratti di
inserimento non trasformati (una specie di franchigia!). Se era stato
assunto un solo lavoratore, la mancata trasformazione del suo contratto non
impedisce di stipularne un altro, e così via all'infinito!
Tuttavia il contratto di inserimento, come "condizione" ai fini dell'
assunzione per il suo tramite, deve contenere un accordo riguardante l'
attività formativa o di riqualificazione di cui il lavoratore potrà fruire.
Se ne dovrebbe dedurre che se l'attività formativa in concreto mancasse, il
contratto dovrebbe riqualificarsi in un normale rapporto di lavoro. Inoltre,
le modalità di definizione dei piani individuali sono demandate alla
contrattazione collettiva. Quindi la sua applicazione può essere contrastata
ottenendo, in quella sede, un profilo alto per i piani di inserimento.
Seguono i rapporti precari di lavoro autonomo.
f) Il lavoro a progetto costituisce anch'esso un istituto pericolosissimo.
Il governo lo ha presentato come un rimedio rispetto agli abusi perpetrati
attraverso i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che
mascherano in realtà rapporti di lavoro subordinati. In teoria, secondo il
decreto, ogni prestazione lavorativa corrispondente ad un'attività ordinaria
(normale) del datore di lavoro dovrebbe dar luogo ad un rapporto di lavoro
subordinato . Il lavoro a progetto (sostitutivo dei co.co.co) dovrebbe
essere finalizzato al raggiungimento di un risultato specifico, che andrebbe
a costituirne, appunto, il "progetto".
In realtà, però, il sussistere della subordinazione del lavoro dipende dal
sussistere dell'eterodirezione e dei poteri di controllo da parte del datore
di lavoro. Quindi, anche per il futuro esigenze temporanee potranno essere
soddisfatte o con contratto a progetto o con contratto subordinato a
termine. Inoltre, è sempre possibile suddividere un'attività continuativa in
fasi intermedie cui far corrispondere altrettanti "progetti", organizzando
una serie di contratti a progetto "a catena".
Sono, poi, previste eccezioni riguardo ad alcune categorie di datori
(associazioni e società sportive dilettantistiche,ecc.) e di prestatori
(iscritti ad albi professionali, pensionati di vecchiaia,ecc.), che possono
stipulare contratti a progetto anche per attività continuative.
Infine, le disposizioni transitorie consentono di rinnovare le co.co.co
esistenti, che possono restare valide per un anno, ed anche oltre sulla base
di accordi aziendali.
Quanto ai "diritti" dei lavoratori a progetto, eccone alcuni esempi: si
prevede la possibilità di inserire nel contratto individuale la facoltà di
recedere anche prima della scadenza del termine; in caso di malattia,
infortunio, gravidanza si ha la sospensione del rapporto senza
corrispettivo; malattia od infortunio che comportino una sospensione di 30
giorni ( o di 1/6 della durata del contratto) permettono al committente di
recedere.
E' prevedibile un proliferare della vertenzialità.
Se la collaborazione ha una durata complessiva non superiore a 30 giorni
nell'anno solare e se il compenso non supera i 5.000 ?, si definisce lavoro
occasionale.
g) il lavoro accessorio riguarda: piccoli lavori domestici straordinari;
assistenza domiciliare a bambini, anziani, malati, handicappati;
insegnamento supplementare; piccoli lavori di giardinaggio o manutenzione.
Possono svolgerlo: disoccupati da oltre un anno; casalinghe; studenti e
pensionati; disabili e soggetti in attività di recupero; lavoratori
extracomunitari con permesso di soggiorno nei 6 mesi successivi alla perdita
del lavoro. I beneficiari acquistano presso le rivendite autorizzate "buoni"
per prestazioni accessorie del valore di 7,5 ?. Il lavoratore percepisce 5,8
? per ciascun "buono" consegnato agli enti o società concessionarie da
individuare. Sono esenti da imposte. Versamenti INPS di 1 ?, INAIL di 0,5 ?,
all'ente o società concessionaria 0,2 ?.
5.C) APPLICAZIONE ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
L'art. 1 c. 2 dice: "Il presente decreto non si applica per le pubbliche
amministrazioni e per il loro personale", ma l'art. 86 c. 8 dice: "Il
Ministro per la funzione pubblica convoca le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche
per esaminare i profili di armonizzazione conseguenti alla entrata in vigore
del presente decreto legislativo entro sei mesi anche ai fini della
eventuale predisposizione di provvedimenti legislativi in materia" e l'art.
86 c.9 dice che "nei confronti delle pubbliche amministrazioni..la
disciplina della somministrazione trova applicazione solo per quanto attiene
alla somministrazione di lavoro a tempo determinato."
Genova, 9/12/2003
Sergio Casanova
6. IPOTESI DI INTERVENTO PER IL BOICOTTAGGIO DELLA L.30
· Studio e denuncia dei contenuti anche culturali della L.30 (mercificazione
del lavoro e precarizzazione come condizione inevitabile), quindi
costruzione di una cultura che si contrapponga alla flessibilità come valore
positivo per l'occupazione e la individui come elemento ideologico
essenziale del pensiero unico.
· Lavoro in Consiglio regionale sui criteri di accreditamento della Agenzie
per il lavoro.
· Lavoro in Consiglio (ed eventualmente in Giunta) provinciale su gestione
compiti Centri per l'impiego in relazione alla presenza delle Agenzie per l'
intermediazione del lavoro.
· Impegno (nei Consigli ed eventualmente nelle Giunte) per la non
applicazione da parte della Regione e degli enti locali del contratto di
somministrazione a tempo determinato.
· Monitoraggio, attraverso le strutture sindacali, del probabile
addensamento dei contratti regolati dalla L.30 nei diversi settori
lavorativi.
· Impegno nei sindacati perché essi usino gli strumenti previsti dalla L.30,
nei tempi utili, per contestare l'applicazione della normativa in essa
contenuta, sulle ipotesi di intervento tracciate dal documento di Alleva,
sintetizzate nei paragrafi 5A e 5B.
· In particolare, riguardo alla CGIL, attivarsi per far sì che alle preziose
analisi prodotte segua l'impegno più incalzante possibile.
· Valutare la possibilità di costituire Comitati contro la L.30,
coinvolgendo settori più o meno organizzati del movimento dei precari.
--__--__--
Message: 2
To: "Contropotere Newsletter" <contropotere at inventati.org>
Date: Fri, 19 Dec 2003 19:40:16 +0100
From: contropotere-admin at inventati.org
Subject: [Contropotere] MASSIMO E' A CASA
Reply-To: contropotere at inventati.org
Oggi, dopo due mesi esatti di detenzione, il GIP ha disposto gli arresti
domiciliari per Massimo. In questi momenti si starebbero ultimando le
procedure burocratiche "necessarie". Salutiamo e diamo il bentornato al
nostro compagno al quale comunque viene mantenuta per ora la misura
cautelare, anche se a casa e non in carcere.
La gioia che ci dà questa notizia è grande, ma non fino al punto di non
farci pensare a Marco (Tombolino) e a tutti i compagni tutt'ora sotto
sequestro nelle galere dello Stato.
Per questo ed altri motivi, teniamo alta la guardia e continueremo a
manifestare ovunque e in ogni modo la nostra solidarietà a tutti i compagni
e i proletari ancora prigionieri.
Comitato Cittadino Contro Il Carcere e la Repressione Sociale
- Viterbo -
--__--__--
Message: 3
To: "Contropotere Newsletter" <contropotere at inventati.org>
Date: Fri, 19 Dec 2003 19:57:30 +0100
From: contropotere-admin at inventati.org
Subject: [Contropotere] Milano: 20 dicembre contro la precarizzazione
Reply-To: contropotere at inventati.org
CONTRO LA
PRECARIZZAZIONE
ASSEMBLEA SUL PRECARIATO
La chiamano "flessibilità" i padroni, ma per i lavoratori che la subiscono è
semplicemente "precarietà" che li rende più deboli, indifesi, ricattabili,
sottopagati, supersfruttati.
I padroni si avvalgono delle leggi di tutti i governi: dal "pacchetto Treu"
alla "legge 30" (Biagi) e della complicità di Cgil-Cisl-Uil che firmano
accordi all'insegna della "flessibilità".
Per opporsi ai processi di precarizzazione in atto nel posto di lavoro e
nella vita sociale (casa, sanità, ecc.) occorre un confronto diretto, uno
scambio sulle esperienze di lotta, uno sviluppo della solidarietà, una
generalizzazione delle lotte stesse.
SABATO 20 DICEMBRE, DALLE ORE 15, ALL'ATENEO LIBERTARIO, VIALE MONZA 255 (MM
PRECOTTO).
All'invito del Collettivo "Organizzazione Spazi Liberati" hanno finora
comunicato la partecipazione: Conf. Cobas; Coll. Contro la Precarizzazione;
Coll. CUB appalti pulizie Ferrovie; Lavoratori della Gorla appalti pulizie
Scuole; Coll. Flmu-CUB Telecom; Coll. Lavoratori Tim; Delegati"Ponteggi
Dalmine" USI Sanità; Unione Inquilini -case occupate; Precari della Scuola;
"Todo Cambia" (ass. multietnica).
--__--__--
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