[Presos] Digest di Contropotere, Volume 4, Numero 1

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Sun Jul 4 12:00:44 CEST 2004


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Argomenti del Giorno:

   1. Ravenna: Serata benefit per Coordinamento Chiudere	Morini
      (contropotere at inventati.org)
   2. Processo per direttissima a Sergio e Agnese
      (contropotere at inventati.org)
   3. La lotta contro la videosorveglianza (contropotere at inventati.org)
   4. Turchia: Giugno 27 - valutazione della	manifestazione contro
      la NATO ad Istanbul  (contropotere at inventati.org)
   5. Oggi udienza del tribunale del riesame per gli	arresti a
      genova del 7 giugno2004 (contropotere at inventati.org)
   6. Iniziativa USI Milano contro lo sgombro di Viale	Bligny
      (contropotere at inventati.org)
   7. 3 luglio contro le frecce tricolori (contropotere at inventati.org)
   8. Democrazia come prosopopea (contropotere at inventati.org)


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Message: 1
Date: Sat, 3 Jul 2004 17:00:24 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Ravenna: Serata benefit per Coordinamento
	Chiudere	Morini
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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SABATO 10 LUGLIO.
Serata benefit per Coordinamento Chiudere Morini

dalle ore 21:00 suoneranno:

- Moretti boys (imola-punk)
- Abrasione (forlì-hc)
- LeTormenta (forlì-earth/grind)

- cena offerta dal gruppo food not bombs romagna

presso csa capolinea, via volta 9 faenza (ravenna)
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Message: 2
Date: Sat, 3 Jul 2004 16:58:49 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Processo per direttissima a Sergio e Agnese
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Processo per direttissima a Sergio e Agnese

Oggi, giovedì 1 luglio, nel pomeriggio i carabinieri hanno consegnato a Sergio e Agnese i fogli del rinvio a giudizio per direttissima, che si terrà lunedì 5 luglio presso il tribunale di Arezzo. Ignobile come gli sbirri abbiano concesso a Sergio il "privilegio" di soli otto giorni di domiciliari e poi lo vadano a prelevare domenica notte con un cellulare della penitenziaria di Arezzo per processarlo per direttissima. Ci si stupisce che dopo 4 mesi dal fatto si possa fare un processo per direttissima, di solito utilizzato per casi di flagranza o di rea confessione, ma una legge lo permette a distanza di tempo giusto per i casi di armi ed esplosivi. La volontà chiara del PM è di chiudere in fretta il caso, prima che i tribunali facciano la pausa estiva, per potersi andare a prendere la tintarella al mare con due condannati in più sul proprio carniere. E la "ragionevole certezza" che Sergio e Agnese siano colpevoli, come dice nei suoi fogliacci, la porterà nel tribunale lunedì, spingendo con una decina di testimoni a suo favore (quasi tutti sbirri) per una condanna e la "brillante risoluzione" di un caso che aveva scosso la dormiente cittadina di Arezzo. Riteniamo indispensabile una risposta immediata e pertanto convochiamo un urgente presidio di solidarietà: SERGIO E AGNESE LIBERI SUBITO!!!

APPUNTAMENTO
Lunedì 5 luglio - ore 9.00
Davanti al tribunale di Arezzo

Amici e compagni di Sergio e Agnese
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Message: 3
Date: Sat, 3 Jul 2004 16:56:45 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] La lotta contro la videosorveglianza
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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LA LOTTA CONTRO LA VIDEOSORVEGLIANZA,
COME ATTO CONTRO LA CIVILIZZAZIONE
Green Anarchy - winter 2004 

Traduzione a cura de "Il Silvestre" - Via del Cuore, 1 - PISA



Negli ultimi anni l'uso delle telecamere e della video sorveglianza per monitorare spazi pubblici e privati è venuto fuori a livelli mai visti prima, aiutando la nascita di un unico stato mondiale che meticolosamente controlla gli aspetti della vita politica e sociale attraverso il potere di un perfezionato sistema di repressione tecnologica.
All'avanguardia in questo processo è la Gran Bretagna dove si stima che tra i 150 e i 300 milioni di sterline vengono impiegate ogni anno nella costruzione di una rete di 200 mila telecamere dotate di zoom e capacità infrarosse. La più colossale rete esistente di telecamere in G.B. è stimata invece ad 1 milione e mezzo di pezzi che irradiano invisibili linee di influenza su coloro che vivono sotto i loro occhi predatori e vojeuristici. 
Circondando tutto, una invisibile retina elettronica sta emergendo come un incontestato ed assoluto meccanismo regolatore dal quale non è possibile sottrarsi o nascondersi. La chiarezza con cui queste videocamere catturano le immagini è spesso eccellente (per lo Stato) con molte di loro capace di leggere la marca su di un pacchetto di sigarette a centinaia di metri.
Queste videocamere sono una minaccia per il futuro, visto che la Gran Bretagna è usata in molti modi come un "laboratorio sociale" per lo sviluppo di nuove tecnologie che estendono l'oppressiva omogeneità dell'ordine, metodologie di sottomissione sono progettate e installate con l'obiettivo di aumentare l'uniformità e di spazzare via la vita selvaggia a livello internazionale.
Il Ministero dell'Interno della Gran Bretagna stima che il 95% di paesi e città stia sorvegliando gli spazi pubblici, gli edifici pubblici, le aree residenziali, i parcheggi, etc. con l'uso di telecamere.
Il sistema, completamente ossessionato dall'ordine, la precisione, la razionalità, può adesso "zoommare" nelle vite dei suoi "cittadini" e fare un ulteriore passo in avanti verso l'eliminazione dell'autonomia dell'individuo.
Gli architetti e i progettisti urbani inglesi stanno già pianificando i posti delle telecamere nelle strade e negli edifici quando concepiscono le loro creazioni. Alcune delle telecamere installate sono "spaventapasseri", gusci vuoti all'interno che non riprenderanno mai niente, ma la cui presenza rinforzerà lo stesso senso di alienazione e otterrà comunque la stessa obbedienza dai loro ghettizzati e sottoposti esseri umani.
Le apparenze sono mantenute e la monotonia imposta dall'invasione di questo progresso tecnico che aiuta a governare i dettagli dello spazio urbano e della reclusione sociale generalizzata.
Il sistema globale sta lottando per spazzare via tutti gli spazi fisici concorrenti per modellare le relazioni interpersonali attraverso la realizzazione di spazi chiusi.
Le nanotecnologie, le manipolazioni genetiche e, appunto, le telecamere di sorveglianza, fanno parte dello stesso progetto di addomesticare la vita selvaggia e ridurla a profitto della civilizzazione mercantile.
La sola presenza di telecamere falsa il rapporto tra sfruttati e sfruttatori, creando relazioni umane false, artificiali e carenti d'intensità.
Un apartheid di relazioni sociali ghettizzate diventa la norma nella unione fra l'architettura e lo stato di polizia. Queste tecnologie di sorveglianza stanno per sposarsi con sofisticati programmi di computer che sono capaci di riconoscere i tratti somatici autonomamente, analizzare i comportamenti delle folle ed in certe condizioni valutare la presenza di cose tra la pelle umana e gli abiti.
Il governo americano sta attualmente finanziando lo sviluppo di un sistema che permette alla polizia di "scrutare" sotto i vestiti di una persona per vedere se porta nascoste armi o altri oggetti.
Attraverso il rafforzamento della video sorveglianza l'ordine politico si para le spalle e crea una valvola di sicurezza contro le sedizioni. 
Quando alcune fazioni oppresse si sollevano contro lo sfruttamento di una società super-organizzata le telecamere presenti nello spazio urbano isolano, ingrandiscono ed estrapolano prove fotografiche permanenti degli atti dei ribelli. Questi apparecchi esistono per creare un mondo sterile, scolorito, nel quale la spontaneità scompare, il nostro comportamento è completamente rispettoso della legge e nel quale l'umanità si addormenta inconsapevole della sua stessa morte.

La proliferazione delle telecamere di videosorveglianza e di altre tecnologie del dominio evoca molti tipi di incubi Orwelliani. Ma fare una analogia così ovvia con l'importante libro "1984" sarebbe deludere i nostri lettori, soprattutto quando è possibile descrivere le condizioni della attuale società industriale usando più accurati modelli politici.
Ogni tentativo serio di analizzare ciò che rinchiude le nostre vite nel mondo moderno porterà inevitabilmente alla constatazione che la società stessa è diventata una enorme galera, un monumentale gulag dei corpi, delle menti, dei sensi.
Non è sorprendente quindi che molti eminenti teorici, prima e dopo Orwell, abbiano descritta la società usando delle "immagini carcerarie".
Max Weber descrive la società come una "gabbia di ferro", Gary T.Marx la definisce "una società di massima sicurezza", mentre altri l'hanno nominata "società disciplinaria". 
Michel Foucault offre un più sinistro concetto per sottolineare la invisibilità della repressione ad alta tecnologia: quello del Panopticon di Jeremy Bentham. Questo Panopticon era una prigione dove tutti i prigionieri erano segregati in celle disposte intorno ad una torre centrale che consentiva alle guardie di osservare i rinchiusi senza essere viste e dove essi avevano di conseguenza la sensazione di poter essere sempre sotto l'occhio di qualcuno.
Bentham, un filosofo inglese, rivelò nel 1791 il suo prototipo di " posto che vede tutto" (dal Greco Pan-opticon appunto), la definitiva galera con lo scopo principale di usare l'incertezza psicologica e la paranoia di una costante sorveglianza come strumento di disciplina e di auto-repressione del comportamento.
Questo verme di filosofo riteneva che questo principio fosse utile applicarlo anche in altri luoghi sociali come scuole, ospedali, etc. ma non ebbe molto successo nell'applicazione pratica dei suoi progetti malati (almeno durante la sua vita). 
Foucault ha "rubato" questa metafora per descrivere il perfetto apparecchio di governo per qualsiasi istituzione che abbia bisogno di disciplina. Incoraggiando l'autosorveglianza il Panopticon assicura l'automatico funzionamento del potere: il controllo della società moderna non è più la dominazione fisica, esso è interiorizzato, lo sguardo di qualcuno che gode di una posizione di autorità è un meccanismo di potere che imprigiona e lega i soggetti che captano nel suo raggio di azione.
Questi esempi del Panopticon e dei principi sui quali si basa il suo funzionamento ci offrono un benefico strumento critico per comprendere la diffusione generalizzata delle telecamere e il progetto di controllo dello stato sulla psiche dell'intera popolazione, perché il vero e più profondo significato della loro presenza è quello di trasformare la mente stessa in uno spazio di reclusione.
L'effetto psicologico di sorveglianza di queste cacciatrici di immagini crea delle catene mentali altrettanto forti di quelle di ferro.
Credendoci guardat* sotto il microscopio dello Stato siamo spint* a comportarci come vorrebbero coloro che guardano.
Gli zoo urbani in cui il sistema ci ha fatto gregge diventano sempre più claustrofobici man mano che le tecniche di controllo sociale metastatizzano fuori e dentro di noi dando l'impressione della onnipotenza e onnipresenza della polizia.

Sarebbe un serio sbaglio comunque focalizzarsi solo sull'effetto psicologico di autocontrollo delle telecamere e ignorare la forza reale e fisica di questo dispotico abuso di Stato.
I dominatori stanno impegnandosi a costruire 
un' istituzione totale di perenne e incancrenita paura e senza dubbio le loro telecamere sono lì per catturare, archiviare e seguire i nostri movimenti. Lo Stato ha interesse a sapere quali regole sono seguite e quali no, chi obbedisce e chi no e come è possibile individuare e punire coloro che deviano dalle leggi. Le telecamere spesso registrano e forniscano prove e, in alcuni dei peggiori labirinti metropolitani, sono diventate più diffuse della vita animale.
La lotta di classe è stata sempre una componente della civilizzazione, e la video sorveglianza è uno strumento di una classe sociale particolare per sequestrare e sconfiggere l'altra. Gli sfruttati, gli indesiderati, i cattivi consumatori e il mondo selvatico, siamo tutti costretti a veder svanire la nostra autonomia, la nostra libertà. Sui posti di lavoro le video camere si stanno dimostrando una nuova caratteristica del conflitto di classe; i capetti vengono sostituiti dall'occhio silenzioso e instancabile di questi apparecchi elettronici. Ancora una volta la macchina ha sostituito l'essere umano. Invece di far sentire il fiato sul collo alla popolazione sottoposta, adesso il padrone preferisce controllare il loro lavoro dalla più fredda e lontana sala di registrazione nascosta. Le tecniche di controllo scientifico ampliano la loro portata e vanno a minacciare quelle pratiche che da sempre sono state l'arsenale dei deboli (sabotaggio, furto, scioperi spontanei).
Nel passato le persone sfruttate sapevano che il monitoraggio era intermittente, il guardiano non poteva essere dappertutto ed in ogni momento. Invece le telecamere possono essere dovunque e permettono di registrare tutto e di scoprire il genere di rapporti che intercorrono tra compagne e compagni di fatica.
Le telecamere dello Stato stanno provando a formare un nuovo tipo di schiav* della civiltà, gente soddisfatta nelle sue poche possibilità, nell'anonimato e nell'isolamento, che sogna i sogni circoscritti dei "senza potere" e dei "senza immaginazione", incapace di superare i meschini confini che fornisce il sistema.
Senza nessuna aspirazione di andare oltre le loro tombe di plastica, gli sfruttati e le sfruttate diventano pian piano come animali selvatici ai quali sono stati tolti denti e zanne.
Per fortuna gli esseri umani non sono ancora dei robot ma esseri potenzialmente selvaggi, ingovernabili, capaci d'interpretare, rifiutare ed eventualmente distruggere le strutture che li opprimono.
Usando il linguaggio militare: per ogni strategia sviluppata con un particolare obiettivo, ci sono sempre molte tattiche che possono essere impiegate a contrastarla.
Infatti, detto semplicemente, la strategia è la scienza dei movimenti militari oltre il campo visivo del nemico, la tattica dei movimenti all'interno del suo campo visivo. Per ogni nuova strategia di controllo sociale messa in campo dal sistema ci sono nuove e sorprendenti tattiche di negazione, sovversione e resistenza. Perché l'occhio del Grande Fratello ha delle zone morte proprio come quelle degli esseri umani che siedono dall'altra parte delle lenti.

In una società conformista fatta di mediocrità e standardizzazione dove la collaborazione o la resa sembrano essere le uniche risposte possibili alle schiaccianti potenzialità del controllo, fa piacere vedere ribelli in tutto il mondo che si stanno dedicando a portare avanti una lotta militante contro le telecamere.
Nell'agosto del 2002 in Gran Bretagna una formazione chiamata Motorists Against Detection (M.A.D.) ha cominciato una campagna di azione diretta contro le telecamere cominciando da quelle che rilevano la velocità dei veicoli sulla famosa autostrada M11 in Essex. Queste telecamere erano ritenute le più ladre della nazione essendo benissimo in grado di totalizzare multe per 840 mila sterline alla settimana!!
Nel giro di un paio di settimane il gruppo M.A.D. ha sabotato 30 telecamere in un tratto di strada di 26 miglia. I membri del M.A.D. hanno giurato di bruciare, spaccare o far saltare tutte le telecamere che capitino nel raggio della loro rabbia. E hanno mantenuto le loro promesse con una serie di attacchi nella zona di Norfolk dove 6 telecamere del valore di 100n mila sterline sono state vandalizzate o cotte. 
I misteriosi militanti stanno in breve tempo diventando eroi popolari in Gran Bretagna. Dal sud fino alla Scozia si stanno distruggendo le telecamere in una trasformazione carnevalesca della topografia totalitaria dello Stato. Con ogni telecamera che costa circa 30 mila sterline il conto dei danni è alto. I ribelli non si pentono e affermano "siamo tutti cavie in un gigantesco esperimento che vuole restringere la nostra libertà" e ancora "siamo stanchi di pagare per arricchire le tasche delle istituzioni e della polizia, ogni giorno leggiamo di storie sulle telecamere e ogni giorno sentiamo la gente lamentarsi, fino ad ora questo non ha fatto molta differenza, è tempo per tutte e per tutti di agire, prima che sia troppo tardi!".
Cellule particolarmente distruttive dei M.A.D. operano a Londra, nell'Essex e in Galles, ed ultimamente anche nella Scozia centrale.
La maggior parte delle loro azioni è semplice, come rovinare le lenti con della vernice, bruciare le telecamere o abbattere i sostegni che le reggono. Ma ci sono casi come quello del maggio 2003 in cui una telecamera è stata disintegrata con l'esplosivo. La campagna cominciata dal M.A.D. sta prendendo piede e ed oggi la distruzione di telecamere è un evento con cadenza settimanale in Gran Bretagna, fino ad adesso il gruppo M.A.D. ha preso responsabilità per circa 700 telecamere attaccate, ma sono gruppi minori che procedono mettendo accanto o sopra le telecamere dei copertoni e poi danno fuoco; altri hanno usato armi da fuoco e altri sistemi ancora più fantasiosi e divertenti.
Nel Febbraio 2004 un gruppo chiamato Mandip Mafia ha ottenuto molta pubblicità quando ha fatto saltare una telecamera con dinamite vicino al paesino di Emborough sulla strada A37.
Ma anche in altre parti del mondo la resistenza contro le telecamere si sta sviluppando. A Bruxelles un uomo di nome Willem Lawrens è accusato di aver guidato una banda che ha bruciato 26 telecamere, mentre in Francia la prima telecamera-radar è stata vandalizzata poche ore dopo la sua installazione con un pesante martello: la polizia altrettanto determinata l'ha sostituita il giorno.
Agli inizi di Ottobre 2003 si ha notizia che un ordigno artigianale ha distrutto una telecamere a Belfast e alla fine dello stesso mese a Milano in una notte vengono attaccate e manomesse circa 100 telecamere in tutta la città.

La totale amministrazione della vita è un progetto in corso e per combatterlo dobbiamo smetterla con un atteggiamento passivo e andare all'offensiva sviluppando un caos rigenerante sfasciando i legacci istituzionali e mentali sulle nostre vite.
La lotta per riottenere la selvatichezza è essenzialmente uno scontro tra organizzazione e caos, la tecnologia ha non solo una vita sua propria ma una vita che infiltra le nostre spazzando via le nostre caratteristiche più vere man mano che accettiamo i suoi parametri meccanicistici.
Se noi soccombiamo alla ingegneria totalitaria contro il nostro mondo rischiamo di diventare noi stess* degli aneroidi: animali trasformati in macchine. Solo demolendo le diavolerie dello Stato abbiamo la speranza di strisciar via da sotto al tallone dell'ordine politico che ci schiaccia. Lo Stato e la tecnologia sono due dei più ovvi nemici della libertà. Distruggi ciò che ti distrugge!! 

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Message: 4
Date: Sat, 3 Jul 2004 17:10:47 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Turchia: Giugno 27 - valutazione della
	manifestazione contro la NATO ad Istanbul 
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Turchia: Giugno 27 - valutazione della manifestazione contro la NATO ad Istanbul 

Circa 50 mila persone hanno partecipato alla manifestazione contro la NATO che si è svolta alla piazza Kadikoy ad istanbul, domenica 27 giugno. Hanno partecipati anche anarchici ed antiautoritari nonché sindacati, Ong, e partiti e gruppi della sinistra. Gli anarchici ed antiautoritari hanno organizzato le proprie proteste contro la NATO con il nome "Coordinamento libertario contro la NATO" e hanno formato uno spezzone di circa 300, cifra che comprendeva gruppi e individualità libertari che hanno formato un "Black Bloc" e alcuni anarcho-communisti che hanno formato uno spezzone distinto alle spalle di quello principale. Il problema di dove posizionarci nel corteo è stato risolto all'inizio della manifestazione senza problemi.

Il nostro spezzone portava tante bandiere rossonere, nere e verdenere ed anche una decina di striscioni contro la NATO, il capitalismo, lo stato e l'esercito. I partecipanti provvenivano da Ankara, Izmir, Izmit, Antalya, Bursa, Bolu, Iskenderun, Canakkle, Corlu, Duzce, Denizli e Istanbul. Inoltre, eravamo in compagnia di compagni che sono venuti dalla Grecia, gli USA, l'Italia, la Macedonia e l'Austria. Gli antimilitaristi hanno distribuito volantini per il Pilaf Day che sarà a settembre ad Ankara e gli anarcoecologisti hanno distribuito un bolletino sulle proteste contro la NATO di oggi. I compagni statunitensi, che portavano uno striscione di Food Not Bombs, hanno attirato grande attenzione. Durante il corteo, i writers anarchici si sono dati molto da fare e tanti manifesti sono stati attaccati. Un gruppo ha partecipato con uno striscione che diceva "Communismo anarchico contro lo Stato, il Capitalismo e gli Eserciti" e ha distribuito un proprio volantino. Per un po' di tempo, l'insegno "Zona militare - vietato l'accesso" è stato rimosso, "decorato" e rimesso a posto sotto gli occhi curiosi dei militari. Tra i soliti slogans, uno nuovo è stato scandito: "Alle strade, alle barricate!". Ha partecipato alla manifestazione anche il gruppo Ozgur Hayat, sotto il nome "Anarsistanbul".
La polizia ha adoperato una nuova stretegia, quello di seguire a distanza il corteo. Entrando nella piazza, non si sono visti per niente ma era risaputa che ce n'erano tanti nei pressi della piazza. Hanno imparato molto dai loro colleghi occidentali. Il punto d'incontro per la manifestazione è stato scelto accuratamente, a qualche kilometro dal luogo del vertice - in questo modo, non c'è stato rischio di scontri quando la polizia avrebbe perquisito tutti. L'atteggiamento della polizia non va interpretato come una sorte di miglioramento dovuto alla "democrazia": è stato semplicemente scelto un modo "europeo" di accettare i movimenti sociali "riformatori" - "le strade non si consumano con i cortei" (detto da un famoso politico di destra, l'ex primo ministri e presidente, S. Demirel). Chiaramente, la polizia avrebbe intervenuto qualora ci fossero stati problemi, ma nessuno dei presenti aveva voglia di iniziare qualcosa. I più vociferi hanno preferito aspettare l'azione di oggi ai confini della zona rossa a Mecidiyekoy.
E' normale che si discute sui numeri di partecipanti ad una tale manifestazione. Alcuni compagni dicevano che bastava contare quelli nelle foto, senza dare numeri più precisi. Altri dicevano che eravmo in più di 400, mentre altri ancora erano più contenuti. Nel dare la cifra di 300, ho contato personalmente una ventina di Ankara che conosco personalmente. Poi c'era gente da 6 o 7 città diverse, quelli dall'estero e quelli di Istanbul - in tutto oltre 200. Infine, c'erano circa 50 nello spezzone anarco-comunista.

Le foto e video del corteo saranno presto pubblicati in Indymedia insieme ai resoconti dell'azione di oggi.


Articolo e traduzione di A-Infos



Foto del "Black Bloc":
http://istanbul.indymedia.org/uploads/aut_0111.jpg
http://istanbul.indymedia.org/uploads/aut_0126.jpg
http://istanbul.indymedia.org/uploads/aut_0127.jpg
http://istanbul.indymedia.org/uploads/aut_0133.jpg

Food Not Bombs nel corteo del "Black Bloc":
http://istanbul.indymedia.org/uploads/aut_0129.jpg

Anarco-Comunisti:
http://istanbul.indymedia.org/uploads/aut_0128.jpg
http://istanbul.indymedia.org/uploads/aut_0136.jpg

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Message: 5
Date: Sat, 3 Jul 2004 17:07:04 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Oggi udienza del tribunale del riesame per gli
	arresti a genova del 7 giugno2004
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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DOPO QUASI UN MESE DI DOMICILIARI OGGI UDIENZA DEL TRIBUNALE DEL RIESAME PER GLI ARRESTATI A GENOVA 7 GIUGNO 2004 DURANTE UN RASTRELLAMENTO DI STRANIERI E AMBULANTI.

Alcune note, per precisare alcune inesattezze nei nostri ultimi comunicati relativi alla situazione degli arresti a  Genova, in piazza Raibetta, lunedì 7 Giugno 2004.
Il pm incaricato, Silvio Franz, quel giorno era di turno e non gli è stato affidato il caso attraverso una particolare raccomandazione. TUTTAVIA QUESTO non cambia nulla rispetto a ciò che il PM in oggetto è, ormai, storicamente, per Genova e per tutt* coloro che bramano la libertà, ben consapevoli che tale condizione mai potrà raggiungersi attraverso l'intervento o la mediazione di simili ruoli professionali che continuano ad arrogarsi il diritto di amministrare e sanzionare la vita delle persone, servendo istituzioni di morte e di devastazione.
IN più RICORDIAMO LE STRETTE MISURE RESTRITTIVE DECISE DAL G.I.P. DALOISO CHE HA RIGETTATO OGNI RICHIESTA DI PERMESSO DI LAVORO CON MOTIVAZIONI CHE LA DICONO LUNGA SUL CLIMA FORCAIOLO CHE ATTORNIA -NON SOLO- QUESTA VICENDA. (SI VEDA, a seguire, COMUNICATO DI UNO DEGLI ARRESTATI)
Detto ciò si sa che la libertà trova sempre risorse e nuovi complici e che anche il sistema più brutale e rigido può essere scalfito e superato quando la volontà, la determinazione, il coraggio e la solidarietà tra gli umani non rimane solo un proclama nel cassetto ma cerca ogni strada praticabile per esprimersi. Solidalmente vicini a Errico e Paolo, solidalmente al fianco di coloro che lottano (e/o subiscono conseguenze e effetti del dominio e del terrore dello stato) quotidianamente contro guerre di stato, espulsioni, controlli, carceri e tribunali restiamo attivi nella mobilitazione, inviando tutta la nostra solidarietà anche al militante comunista, Paolo Dorigo, fortemente provato dallo sciopero della fame di queste ultime settimane e per il quale riteniamo sia assolutamente necessario intensificare le azioni e i momenti di lotta e solidarietà allo scopo di ottenerne, quantomeno, la fuoriuscita dalla galera.
Seguiranno aggiornamenti sull'esito dell'udienza odierna al tribunale del riesame di Genova e sulla chiusura indagini nei confronti dei compagn*, con processo, sembrerebbe, già fissato per il 12 ottobre 2004.
Per la libertà che si conquista con la lotta ogni giorno, nonostante gli incidenti di percorso e le repressioni dello stato sintesi "del diritto di amministrare e negare" la supremazia dell'individuo, a costo di rinchiuderlo e sopprimerlo.
...dal desiderio di libertà ci giunge un comunicato sulla vicenda DA PARTE DI UNO DEGLI ARRESTATI, CHE facciamo circolare

                 Piazza, bella piazza...

DAL 7 GIUGNO mi trovo agli arresti -ora domiciliari- per aver manifestato pubblicamente lo sdegno verso un'operazione di polizia/pulizia di una piazza in cui solitamente si ritrovano, tra gli altri, ambulanti e stranieri. Uno sdegno verbale che, tuttavia, ha creato particolarmente fastidio, o comunque troppa risonanza nel silenzio, la "zona grigia", che caratterizza l'involontario pubblico delle frequenti retate poliziesche (specie di quelle a danno degli stranieri). Deve essere per questo che, mentre alcune persone si stavano fermando "per capire" quello che purtroppo era evidente, sono stato quasi immediatamente aggredito da tre, poi cinque, poliziotti in borghese che hanno subito tentato di caricarmi in una macchina e, successivamente, dopo un disperato ma audace tentativo di sottrarmi all'arresto da parte di alcuni amici, condotto in questura prima e poi in carcere. Nel tempo passato in questura zelanti ispettori, che tra una gomma da masticare e l'altra firmavano decreti di espulsione a vita per gli stranieri trovati senza "documenti" in quella retata, si sono occupati di trasformare in crimine la mia protesta. Hanno così preso forma i reati di 'resistenza', 'lesioni' (entrambe aggravate) e 'danneggiamento'. Questo è potuto accadere nonostante che, vista la rapidità con cui sono stato aggredito, sarebbe stato difficile formulare un'ipotesi di reato. Anche di quel "rifiuto di fornire le proprie generalità", la "richiesta di documenti", che da sempre viene utilizzata per mettere a tacere chi parla in piazza. La sera stessa, prima di cena, mentre insieme a un altro amico arrestato dopo di me e accusato degli stessi reati venivamo tradotti in carcere, gli stessi ispettori di polizia si sono incontrati con i giornalisti (non sia mai detto, la stampa deve sapere) per costruire (il termine "ricostruire" è decisamente fuorviante) le circostanze e assicurarsi che le tonalità da usare fossero quelle adeguate. La vicenda è quindi apparsa sui giornali del giorno dopo, brillantemente riassunta nell'espressione di un senegalese (?) che avrebbe dichiarato: "Voi siete stati gentili, quelli vi hanno massacrato, facevate soltanto il vostro lavoro". Possibile. Sarebbe espressione del panico e dell'angoscia di chi si trova di fronte alla possibilità di un accompagnamento coatto alla frontiera, o, peggio, di essere internato nel più vicino lager per immigrati (quelli che vengono eufemisticamente chiamati "Centri di Permanenza Temporanea"). E poi, è quasi certo, devo ringraziare quei "titoloni" giornalistici a difesa dei poliziotti, descritti come vittime e santificati ad libitum, se, a parte tanti insulti e qualche minaccia, dalla questura di Genova quella sera, sono uscito -fisicamente- come ci sono entrato (con le manette e solo qualche contusione).

A Marassi, oltre ad aver fatto conoscenza delle nuove sbarre modello gabbie per polli che un impresa stava giusto finendo di installare, griglie cosiddette "anti-evasione" ma, piuttosto, anti-protesta, montate per evitare che i detenuti possano "comunicare" all'esterno sventolando magliette al vento (una differenza che significa davvero molto per chi vive recluso, ma che da fuori neanche si nota), ho avuto il piacere di trovare la solidarietà degli altri che, con me, si trovavano in isolamento. Decisamente fastidioso è stato l'incontro con il G.I.P per un primo interrogatorio, in cui mi sono avvalso della facoltà di non rispondere. Un giudice, tale Elena Daloiso, che negli ultimi tempi ha "collezionato" -per detournare un'espressione largamente utilizzata dai giornalisti nel tentativo di criminalizzarci- oltre certamente all' "ordinaria" repressione, anche quella a danno dei 25 accusati di devastazione e saccheggio in occasione del vertice G8 del Luglio 2001 (fu lei a firmare le custodie cautelari) e l'archiviazione dell'assassinio di Carlo Giuliani (attuata accogliendo le istanze presentate dal PM Silvio Franz, lo stesso PM anche nel processo a nostro carico).
Le motivazioni con cui il G.I.P. Daloiso ha inizialmente confermato l'ordine di custodia cautelare nei nostri confronti pur concedendoci gli arresti domiciliari (non dichiarati ma necessari "motivi di pericolosità sociale") e successivamente, IL 18 GIUGNO, ha rigettato le nostre richieste di permesso per motivi di lavoro ("l'evidente inclinazione politica") si inseriscono perfettamente in un clima forcaiolo. Provvedimenti che non costituiscono la "degenerazione di una sistema democratico" (anche se la tentazione di usare espressioni come "fascismo democratico" è forte in questo come in altri casi), ma la "routine" delle procedure giuridiche e poliziesche attraverso le quali si afferma la continuità dello stato democratico. Una legalità "democratica" che, proprio attraverso gli strumenti del "diritto", legalmente riconosciuti e socialmente accettati, comporta una "lezione" di galera e repressione nei confronti di chi non si adegua al conformismo politico, culturale e ideologico di una società ordinata, sicura e "pulita". Insomma di chi con la libera espressione di idee e comportamenti crea "disordine". E, si sa, gli anarchici fomentano il disordine.

IL 1 LUGLIO, pur dichiarandoci contrari alla figura "paternale" e repressiva dello Stato, pur non riconoscendogli alcun diritto né autorità di decidere della nostra vita, siamo chiamati a comparire di fronte a un Tribunale dello Stato, cosiddetto -ancora eufemisticamente- "della libertà". Non si tratta -non ancora- di difenderci dalle accuse che ci hanno cucito addosso e tuttora ci tengono arbitrariamente e legalmente rinchiusi ai domiciliari. Ci viene concessa la possibilità di dimostrare che "abbiamo bisogno della libertà", che la vogliamo e, soprattutto che "necessitiamo di averla", che possiamo reintegrarci nella società, la stessa che, tramite i suoi mandanti, ci ha privato per un po' di quella libertà che noi tutti sappiamo provvisoria... Nella condizione, difficile, di non sentirsi né colpevoli né innocenti, ma, come molti altri anarchici, alcuni colpiti da repressioni ben più orchestrate, estranei alle loro accuse, ai loro "metri di giudizio", alle loro "logiche" e, proprio in virtù di questa estraneità, alla ricerca di una libertà che ci riporti nuovamente nelle piazze, in certe piazze. Ringraziando tutte e tutti i compagni e gli amici di Genova per quello che hanno fatto e stanno facendo

Un abbraccio forte
Josef K. & Mary Black



Comitato Anarchico di Difesa e Solidarietà
Piazza Embriaci 5/13 16123 - Genova
Email: anarcos at ghostmail.net
Conto Corrente Postale n°37158185 - intestato a: "Circolo culturale Biblioteca Libertaria F.Ferrer" - causale:
= "Pro CADS"[genericamente a favore del Comitato]
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Per i versamenti dall'estero di norma utilizzare i vaglia internazionali. A seconda dei paesi di residenza è possibile anche rivolgersi al corrispondente ufficio postale delle PT italiane (ove presente) e verificare altre modalità disponibili, che variano di paese in paese, per l'invio di denaro ad un titolare di CCP in italia. Il Comitato raccoglie fondi a favore dei compagn* anarchici e libertari. Difende - nel limite del possibile - tutte le vittime della repressione post-G8 ma cura in primo luogo gli interessi di quei compagn* che si rifanno al movimento anarchico e libertario e infine risponde solo ed esclusivamente dei fondi che esso amministra. Devolve fondi per gli indagat* e processat* della repressione postG8 come benefit diretti su base fiduciaria e per copertura spese legali solo su nota formale copertura spese degli studi legali interessati.
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Message: 6
Date: Sat, 3 Jul 2004 17:48:08 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Iniziativa USI Milano contro lo sgombro di
	Viale	Bligny
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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NO ALLA SVENDITA DEL PATRIMONIO PUBBLICO

DUE GIORNATE DI LOTTA E DI FESTA CONTRO IL PIANO DI ESPANSIONE DELL’UNIVERSITA’ BOCCONI E LA DEMOLIZIONE DELLO STABILE DI VIALE BLIGNY 22 

 

Con delibera del Consiglio comunale del 22.1.’04, il Comune di Milano ha venduto all’Università commerciale “Luigi Bocconi” al prezzo di €uro 4.472.365,00 l’intero stabile di Viale Bligny, 22.

E’ da tempo che la Bocconi sta realizzando un faraonico piano di espansione delle proprie strutture non solo didattiche, scientifiche e di ricerca.

In particolare, in Viale Bligny, 22 la Bocconi ha intenzione di realizzare una struttura ricettiva per studenti e docenti non residenti: in buona sostanza un albergo di lusso per aspiranti managers e loro insegnanti, sbattendo fuori famiglie e associazioni che vivono in questo stabile comunale da molti anni.

Lo stabile di Viale Bligny 22 è costituito da due corpi di fabbrica: uno  di tipo residenziale, che è stato oggetto di opere di recupero edilizio nel 1980, e l’altro è un edificio ex filanda del 1906.

La scelta del Comune di Milano di “regalare” lo stabile alla Bocconi è una scelta politica, di svendita del patrimonio collettivo a favore di privati che – come la Bocconi - tutelano solo se stessi e gli affari di cui si vantano di essere maestri. 

Quale sorte attende le associazioni e coloro che abitano in v.le Bligny 22 ?
Il Comune e la sua giunta nazional-forzista se ne lavano le mani: gli inquilini potranno anche chiedere una casa popolare e andare ad abitare a Quarto Oggiaro o a Ponte Lambro, mentre le associazioni, se avranno le possibilità economiche, dovranno arrangiarsi in altro modo. Ma quale, visto che  tutte le associazioni presenti in Viale Bligny 22 sono senza fini di lucro, come il NAGA, che si occupa da sempre di assistenza sanitaria ai cittadini extracomunitari; come la Lega Anticaccia o come l’U.S.I., sindacato libertario fondato nel 1912 e che da oltre 15 anni occupa l’ultimo piano dello stabile quale indennizzo delle espropriazioni operate dal fascismo ai danni delle sedi sindacali.

L’U.S.I. e tutte le associazioni e gli inquilini di Viale Bligny 22 denunciano quest’ennesimo atto di svendita del patrimonio pubblico da parte del Comune di Milano perché:

1)     mentre l’Università Statale deve andare a Greco-Pirelli per costruire le proprie strutture, la più importante università privata italiana paga quattro soldi per appropriarsi di uno spazio, in pieno centro cittadino, sul quale costruire non aule universitarie, bensì comodi alloggi per giovani rampanti;

2)     mentre sempre più associazioni culturali e ricreative scompaiono dal centro cittadino, la Bocconi si espande su un intero quartiere residenziale e popolare per fare trionfare affari e finanza su rapporti sociali e iniziative culturali;

3)     dopo aver allontanato S.G.E.A., ANAS, Stella Alpina ed altre realtà che facevano vivere il quartiere, la Bocconi si prepara a recintare, non solo simbolicamente, un’area della città che sarà ad uso esclusivo di studenti che pagano a caro prezzo gli elitari servizi universitari, con conseguente aumento dei prezzi degli immobili, dei canoni locatizi e degli stessi beni di prima necessità.

DICIAMO NO TUTTI INSIEME 

ALLA POLITICA DEGLI AFFARI DELLA GIUNTA COMUNALE DI ALBERTINI
Riappropriamoci di tutte le aree dismesse presenti in città, impediamo alla Bocconi di costruire suites per i propri studenti a danno di famiglie e di associazioni.

Viale Bligny 22 è stato in tutti questi anni un nucleo di aggregazione giovanile, un punto di riferimento per gli immigrati, un centro culturale: non perdiamo tutto questo a favore di aspiranti 

padroni ossessionati dall’economia neoliberista che affama il mondo, scatena guerre e, nel nostro ambito, soffoca  le iniziative culturali o di socialità che con tante difficoltà abbiamo organizzato  all’ultimo piano, nello spazio teatro dell’U.S.I., in tutti questi anni, con laboratori teatrali e cinematografici, conferenze pubbliche, concerti, presentazioni di libri, momenti di solidarietà internazionale con i derelitti del mondo, che hanno sicuramente più problemi dei bocconiani.

 

ORGANIZZIAMOCI IN UN COMITATO DI LOTTA 
CONTRO L’UNIVERSITA’ BOCCONI ED IL COMUNE DI MILANO
perché

AQUI ESTAMOS
 

CONTRO IL PIANO DI ESPANSIONE DELL’UNIVERSITA’ BOCCONI  E LA DEMOLIZIONE DELLO STABILE 

DI VIALE BLIGNY, 22  DUE GIORNATE DI LOTTA E DI FESTA

ORGANIZZATA DALL’UNIONE SINDACALE ITALIANA

 

 

PROGRAMMA:

 

Venerdì 2 luglio 2004 – Viale Bligny 22

Ore 9.30 – 12.00: Iniziative contro lo sgombero di Viale Bligny, 22 con volantinaggio in compagnia di giocolieri, attori di strada e dalla “Banda degli Ottoni”.

Ore 12.00 – 14.30: Pranzo sociale.

Ore 17.30: Conferenza pubblica dell’Arch. Antonio Lombardo su “Il piano di espansione dell’Università Bocconi ed il contesto di speculazione edilizia a Milano”.

Ore 19.30: Spettacolo teatrale “Rosso e la valigia” di Erika Giovannini.

Dalle ore 20.00: Aperitivi, cocktails e cena sociale.

Ore 21.30: Concerto di rock strumentale del gruppo “Valmara 69”.

 
Sabato 3 luglio
Ore 18.00: Presentazione del Progetto Libertario Flores Magon , proiezione di filmati sulle attività svolte dal gruppo tra le comunità indigene del Chiapas   ed illustrazione del progetto di creazione di un ambulatorio dentistico e relativo laboratorio odontotecnico.

Ore 19.30: Aperitivi e coktails con cena chiapaneca.

Ore 22.00: “Frammenti”  di e con Danio Manfredini (rappresentazione su prenotazione al n°347.71.68.596 (Pino) e al n° 328.90.60.809 (Franco).

Ore 23.30: Djset.

 

Il ricavato dell’ iniziativa sarà devoluto al Progetto Libertario Flores Magon

Unione Sindacale Italiana
U.S.I. Milano – Viale Bligny, 22 – Tel. e fax n. 02/58.30.49.40 – e-mail:usis at libero.it

 

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Message: 7
Date: Sun, 4 Jul 2004 02:12:29 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] 3 luglio contro le frecce tricolori
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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3 luglio contro le frecce tricolori

Alcune decine di anarchici oggi hanno manifestato il loro dissenzo alla parata militarista delle frece tricolori. Distribuiti piu di 1500 volantini, abbiamo urlato tutto il nostro schifo all'apparato militare, guerrafondaio e portatore di gerarchie. Come al solito siamo stati braccati dagli sbirri che ci hanno tallonato per tutto il presidio che si è svolta sotto la cabina di comando a terra degli aerei. Immancabile anche la presenza di qualche fascistello che non si è azzardato ad avvicinarsi.


QUESTO IL COMUNICATO DISTRIBUITO:

Contro le frecce tricolori, contro il militarismo.
Le frecce tricolori fanno parte della Pan (pattuglia acrobatica nazionale). Questi aerei che fanno piroette nell'aria, non sono altro che mezzi bellici, pilotati da esponenti dell'aeronautica militare i quali, dopo aver portato a termine missioni di guerra (bombardamenti umanitari) terminano nella Pan il loro breve tragitto verso una "meritata" pensione (logicamente privilegiata nel conteggio degli anni).
Ma questi aerei cosa fanno oltre che disegnare piroette di fumo nell'aria? Utilizzati nelle missioni di peacekeeping dal nostro stato, sono a disposizione anche dell'ONU e della NATO sempre per le stesse operazioni: Intercettazione, monitoraggio del territorio occupato trasloco di materiale bellico, BOMBARDAMENTI.
In poche parole sono normalissimi aerei da guerra, guidati da killer dell'aria quali sono i loro piloti, decorati in missioni "umanitarie". Lo spettacolo che offrono non è altro che una maschera per nascondere le loro efferatezze. Veri e propri monumenti al militarismo ed al patriottismo itineranti. Come anarchici, antimilitaristi ed antiautoritari contestiamo questi eventi perché non sono diversi da una parata militare. Questi aerei ed i loro piloti sanno uccidere come un carro armato! Oltre che essere pericolosi per la gente:
- Ramstein, Germania, agosto 98 più di 60 persone morirono e ci furono centinaia di feriti durante un esibizione andata male.
- Casalecchio di Reno, gennaio '98, un aereo militare italiano piomba in una scuola uccidendo 12 persone e ferendone 90.
- Cermis, 3 febbraio '98, un aereo militare americano mentre si divertiva nell'aria tranciava i cavi di una cabinovia uccidendo 20 persone.
Tutta la macchina bellica militare, sia Americana che Italiana, ammazza anche in tempo di pace!
Le frecce tricolori, nelle loro esibizioni portano inquinamento acustico non monitorabile, spaventano gli animali e scaricano in aria grosse quantità di fumo colorato, alla faccia di noi contribuenti che poi dobbiamo subire le conseguenze di questo "spettacolo".
Le frecce tricolori fanno male anche se non bombardano!
Non ci meraviglia pi di tanto anche il comportamento dell'amministrazione comunale di Massa (città per la pace), sappiamo benissimo chi bombardava l'Ex Yugoslavia nel 1999: la sinistra finto-pacifista adesso al potere, che esalta l'impegno eroico dei "nostri ragazzi" di Nassirya e i mercenari rapiti come fossero portatori di pace vera invece che persone addestrate all'omicidio legalizzato. Stessa feccia della destra adesso al potere che esalta il tricolore e che fa insegnare l'inno di Mameli alle elementari, che regala tricolori in un assurdo rigurgito nazionalista paragonabile a quello del periodo fascista. Questo spettacolo, creato per farci credere che con gli aerei militari ci si possa anche divertire è offerto da carnefici e da assassini di professione, tutti nel libro paga dell'aeronautica militare italiana, dallo stato Italiano.
Abbassate gli occhi dal cielo, e fateli abbassare soprattutto ai vostri figli, fate in modo che non imparino ad accettare la guerra e il militarismo come una cosa scontata della loro vita... SAREBBE L'UNICA COSA UMANITARIA VERAMENTE POSSIBILE OGGI!

Anarchici della zona Apuoversiliese

gruppo anarchico su la testa-Massa
circolo Fiaschi-carrara
gruppo anarchico versiliese
circolo Binazzi la spezia
punx Massa
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Message: 8
Date: Sun, 4 Jul 2004 02:14:21 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Democrazia come prosopopea
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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DEMOCRAZIA COME PROSOPOPEA

 

La Democrazia come mito ha subìto un notevole discredito dalla guerra coloniale in Irak. Il rischio  a questo punto è però che in questo nuovo spazio critico aperto dal discredito del mito democratico, vengano riciclati una serie di luoghi comuni  e di pseudo-obiezioni.

Ci pare il caso del recente libro di Luciano Canfora, Democrazia - storia di un'ideologia, un testo che ripropone il consueto problema della cultura marxistica, cioè la dipendenza dalla propaganda ufficiale. Del resto, la stessa fortuna del marxismo è dovuta proprio al fatto di essere niente più che un'appendice della ideologia dominante, quindi di essere compatibile con il conformismo.

Il difetto principale dell'argomentazione di Canfora è infatti quello di riprendere acriticamente uno dei principali temi della propaganda di destra, cioè la distinzione, anzi la contrapposizione, tra libertà e uguaglianza. Anche Norberto Bobbio attuava questa distinzione/contrapposizione, assegnando la libertà alla destra e l'uguaglianza alla sinistra.

Che la destra si serva dello slogan della libertà e si presenti come la "casa delle libertà", è un fatto, ma si tratta appunto di propaganda, anzi di propaganda nel suo aspetto più mistificatorio.

 

In realtà, la libertà e l'uguaglianza non soltanto non sono separabili, ma non sono neppure ben distinguibili sul piano pratico, nel senso che risultano nomi diversi per la stessa cosa, magari vista sotto angolazioni un po' diverse. Libertà e uguaglianza hanno infatti gli stessi avversari: gerarchie e privilegi.

Il liberalismo storico voleva limitare le une e gli altri, chiedeva alle gerarchie di legittimarsi in termini di ordine e di garantismo giuridico. L'ideale del liberalismo è infatti uno Stato di Diritto, basato sulla separazione dei poteri e su pesi e contrappesi istituzionali. 

Anche Canfora finisce indirettamente per far proprio l'equivoco semantico che identifica liberalismo e libertà, mentre in effetti il termine liberalismo non deriva da libertà, ma da "liberalità", cioè generosità; infatti il liberalismo - così come è stato concepito da Locke e da Montesquieu - è basato su una idea redistributiva del potere.

Il liberalismo non è quindi "deregulation", ma, al contrario,  è un culto della regola, perciò consiste  in un metodo preciso, che richiederebbe però una trasparenza istituzionale che non è riuscito mai a imporre. Benedetto Croce chiedeva inutilmente ai governi liberali la messa fuori legge della massoneria, lamentando che nel segreto delle logge i poteri separati  si ricomponessero  attraverso patti oscuri.

 

Al contrario del liberalismo, la Democrazia non è affatto definibile sul piano metodologico. Molti la vorrebbero identificare col suffragio universale, ma allora dovrebbero spiegare come mai la "più grande democrazia del mondo", cioè gli Stati Uniti, ne abbia fatto a meno sino a pochi decenni fa, ed anzi, sul piano strettamente giuridico, ne faccia a meno ancora adesso, dato che la iscrizione alle liste elettorali rimane facoltativa e soggetta alla mediazione dei poteri locali.

Esiste un artificio linguistico detto "prosopopea", che il dizionario Devoto-Oli definisce:

"Figura retorica  per cui si introducono a parlare persone assenti o morte, o anche cose astratte,  come se fossero vive e presenti".

Il dizionario Palazzi-Folena inserisce in questa figura retorica anche la pratica di "animare e personificare cose o animali".

   

Nella propaganda la prosopopea ha un notevole ruolo: basti ricordare espressioni come "il tribunale della Storia" o " il libro della Natura". D'altro canto il parlare comporta inevitabilmente un certo grado di artificio retorico ed è quasi sempre possibile difendersi dall'abuso della prosopopea riconducendo le cose alla loro definizione.

Uno dei casi in cui ciò non è possibile è quello della Democrazia, poiché essa è indefinibile per definizione, in quanto essa costituisce pura prosopopea, nel senso che la Democrazia funziona nel discorso solo se viene personificata.  Per questo motivo, ad esempio, è stato possibile agli americani "portare la Democrazia in Irak". "Imporre la Democrazia" poteva apparire strano, perciò la si è semplicemente "portata". A rigor di termini, gli USA avrebbero potuto imporre in Irak uno Stato di Diritto, ma poi sarebbero stati costretti ad osservare le regole che essi stessi avevano imposto, cosa che però non avevano assolutamente  intenzione di fare. Nella sua indefinibilità metodologica, la Democrazia consente invece uno spazio discrezionale assoluto, un'assoluta "deregulation" ad uso e consumo del potente e prepotente di turno.

 

Il dibattito democratico  è ovviamente popolato di altre prosopopee, cioè di ulteriori soggetti non solo astratti, ma anche indefinibili, che però agiscono e parlano come entità animate. Il "Mercato" è uno di questi soggetti, la cui natura inconsistente e puramente mitologica potrebbe essere immediatamente rilevata attraverso l'osservazione che lo Stato è sempre e comunque il primo cliente e il primo committente delle imprese, perciò inevitabilmente lo Stato orienta e dirige l'economia attraverso la spesa pubblica.

Anche nella scelta dei nemici, la Democrazia preferisce soggetti altrettanto evanescenti, come, ad esempio, il Terrorismo; un nemico che non può essere circoscritto e consente perciò un margine di manovra praticamente illimitato.

 

Nel linguaggio comune la parola "prosopopea" indica anche un  tronfio atteggiamento di superiorità, e, in effetti, la Democrazia è prosopopaica  persino in questo senso, dato che della sua superiorità fa l'unico elemento davvero distintivo e generalmente riconoscibile. L'unica costante della Democrazia è infatti il senso di superiorità sugli altri.    

Beninteso, la superiorità retorica della Democrazia è un dato di fatto, perché essa ha un meccanismo comunicativo che inibisce qualsiasi obiezione ed orienta ogni scelta. In questo meccanismo comunicativo, l'elettoralismo svolge una decisiva funzione.

Le critiche all'elettoralismo si limitano di solito a mettere in evidenza nel suo meccanismo la non effettiva rappresentatività del "volere popolare". Insomma, si obietta all'elettoralismo di non essere abbastanza democratico, perdendo così di vista il potere inibitorio e manipolatorio dell'elettoralismo stesso.

Una delle capacità della Democrazia  è di far discutere tutti come se si dovesse SEMPRE  votare, come se fosse urgente una scelta di schieramento. Il dibattito democratico riesce a creare un senso di impellenza elettorale anche laddove non c'è, perciò la discussione sulla guerra in Irak si risolveva sempre nel votare per Bush o per Saddam.

Ancora adesso molti compagni continuano ad interrogarsi gravemente sul fatto se sia giusto o meno appoggiare la resistenza irakena data la sua propensione al "fascismo islamico". In realtà qui non si tratta di votare per un governo islamico in Irak, ma semplicemente di chiamare le cose col loro nome, per cui l'aggressore va chiamato aggressore e l'aggredito va chiamato aggredito, l'occupazione va chiamata occupazione e la resistenza all'occupante va chiamata resistenza.

Se si vogliono chiamare le cose col loro nome, anche l'espressione "fascismo islamico" è un controsenso.

L'Islam è sicuramente oscurantistico e oppressivo come ogni teocrazia, ma più di ogni altra religione l'Islam si fonda su una regola precisa, mentre il fascismo - per definizione e per autodefinizione - mette la gerarchia al di sopra di ogni regola e quindi tende inevitabilmente al razzismo.

Quindi il fascismo e il nazismo convivono benissimo con la Democrazia, come ci ha dimostrato Hitler e come ci dimostra Bush, il quale ha liquidato dopo l'11 settembre ogni traccia di Stato di Diritto negli Stati Uniti. Ma anche l'elezione di Bush era stata ottenuta grazie ad un'illegalità macroscopica: non un semplice broglio elettorale, ma il rifiuto da parte di un giudice di verificare il risultato elettorale. Un prestigioso teorico della Democrazia come Giovanni Sartori ha giustificato la cosa dicendo che l'urgenza di avere un capo metteva in secondo piano la correttezza procedurale. Quindi anche per Sartori, la necessità di avere un Capo viene prima di ogni regola: e questo che cos'è se non fascismo (anzi Democrazia)?

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Fine di Digest di Contropotere, Volume 4, Numero 1
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