[Presos] Digest di Contropotere, Volume 4, Numero 3

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Sun Jul 11 12:00:38 CEST 2004


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della lista Contropotere..."


Argomenti del Giorno:

   1. 10 luglio festa benefit presso il CSA di udine
      (contropotere at inventati.org)
   2. Fracassiamogli l'udito (contropotere at inventati.org)
   3. Presentazione di Croce Nera Anarchica a Firenze
      (contropotere at inventati.org)
   4. Sulla Fiera dell'Autogestione a Libera (Modena)
      (contropotere at inventati.org)
   5. Una storia piccola piccola dell'anarchismo... -	Marianne
      Enckell (contropotere at inventati.org)
   6. Novara: Quando torneremo a Genova ovvero Parole e	Musica
      contro la repressione (contropotere at inventati.org)
   7. Torino: video sorvegliare e punire a scuola
      (contropotere at inventati.org)
   8. Livorno: perquisizione (contropotere at inventati.org)
   9. Turchia: manifestazioni e repressione durante il	vertice NATO
      di Istanbul (contropotere at inventati.org)
  10. Filattiera: festa antimilitarista (contropotere at inventati.org)
  11. Marcello Lonzi,	un giovane livornese colpito a morte dallo
      Stato (contropotere at inventati.org)


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Message: 1
Date: Fri, 9 Jul 2004 13:40:59 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] 10 luglio festa benefit presso il CSA di udine
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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LA LIBERTA' NON HA PREZZO

- - - Serata benefit per spese legali - - -

Visto che la bocca non riuscite a tapparcela cercate di lucrare sulla nostra rabbia:

SIETE I SERVI PIU' INFIMI DEL SISTEMA!!!

CI FATE CACARE!!!

SABATO 10 LUGLIO

C.S.A. Via Volturno

Dalle 18 ad oltranza

MAD VOLCAN Sound-System

(microfono aperto e spazio per breakkare)

h.20 CENA SOCIALE 

h.21 CONCERTO con: 

CARAHTER

Belo Horizonte HC (from Brazil)

EMPIRICI + DLH Posse

Hip-Hop da UD con furor

collettivo studentesco anarchico MAKHNO fip. via volturno 26 udine

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Message: 2
Date: Sat, 10 Jul 2004 16:16:21 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Fracassiamogli l'udito
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Fracassiamogli l'udito

Oggi, 1 luglio, è stata trovata una microspia nell'appartamento di alcuni anarchici, nascosta nell'antenna portatile del televisore. Non è la prima volta che gli sbirri installano i loro odiosi strumenti di spionaggio nelle nostre case e nelle nostre auto, secondo una pratica che è ormai sistematica ovunque. Se è un mestiere triste e infame quello di ascoltare le conversazioni private altrui, degno di servi pagati per esserlo, è un mestiere che, qualora non cambi il presente, rischia di avere un lungo futuro. Dalle telecamere ad ogni angolo alle mille schede magnetiche che registrano acquisti e spostamenti, la libertà di ciascuno è minacciata ed offesa. Gli strumenti tecnologici del controllo si affiancano alla repressione brutale, e i primi non vanno mai senza la seconda. Eppure tutti questi aggeggi hanno un limite, e lorsignori lo sanno: essi diventano inutili quando il numero di chi si ribella si allarga fino a stravolgere i calcoli di un pubblico ministero o di un ministro degli Interni, quando l'inimicizia verso lo sfruttamento e la guerra conquista le piazze e si sente nei palazzi. L'isteria del controllo rivela che il terreno della sottomissione sta franando e si organizzano blocchi lungo le strade dell'obbedienza. Gli schifosi spioni del governo scompariranno con il mondo che li ha creati.

Anarchici roveretani
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Message: 3
Date: Sat, 10 Jul 2004 16:18:59 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Presentazione di Croce Nera Anarchica a
	Firenze
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Presentazione di Croce Nera Anarchica


"La decisione di scrivere un giornale che parli dei detenuti e del carcere nasce dal nostro ripudio per ogni sistema autoritario. Dalla considerazione che il sistema democratico mira alla demolizione della personalità dell'individuo per poterlo controllare e sfruttare, catalogandolo in categorie sociali ad appannaggio delle logiche di mercato e quindi del consumo e la produzione di merci. Dalla consapevolezza che chiunque, o qualsiasi cosa, vada ad interferire con questo ordine precostituito deve essere eliminato. 
.Attraverso la Croce Nera cerchiamo di mantenere un ponte tra chi è dentro e chi è fuori, rifiutando la creazione di due mondi separati. Riteniamo che per resistere alla repressione sia indispensabile impedire l'isolamento di chi viene imprigionato, non rassegnarsi alla reclusione, ma piuttosto cercare di favorire situazioni in cui sia possibile evitare la cattura." 


DOMENICA 11 LUGLIO DALLE ORE 18.00 
PRESSO IL PARCO DELLE CASCINE A FIRENZE, NEL PRATO ACCANTO PIAZZALE DEL RE. 


A SEGUIRE RINFRESCO BENEFIT PER GLI ANARCHICI SEQUESTRATI DALLO STATO 


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Message: 4
Date: Sat, 10 Jul 2004 16:19:46 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Sulla Fiera dell'Autogestione a Libera
	(Modena)
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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QUATTRO GIORNI IN AUTOGESTIONE,
QUATTRO GIORNI PER L'AUTOGESTIONE


Qualcuno ha definito l'autogestione come unica soluzione alla gerarchia e al dominio.
Dal 17 al 20 giugno a "Libera", Modena, si è cercato di comprendere e approfondire, tale pratica, passando dall'esperienza di chi "di autogestione ci vive" e cercando delle proposte comuni.
I quattro giorni della Fiera dell'Autogestione si può dire che siano stati caratterizzati più dal sostantivo incontro che da quello di fiera.
Ed un "incontro" a tutti gli effetti è stato. Un incontro tra chi continua a praticare l'autogestione in campi diversi e per diverse motivazioni..
In questi quattro giorni tutte le diverse individualità sono state accomunate da un unico filo conduttore. La voglia di comunicare e scambiarsi le reciproche conoscenze, sperimentazioni e pratiche.
Il primi dato che emerge dalla fiera è proprio questo: la forte necessità di spazi liberi per il confronto e lo scambio.
Chi si aspettava le folle oceaniche sarà senza dubbio rimasto deluso. La presenza è stata "solo" di circa 200-300 tra compagni, produttori, autogestiti e semplici curiosi, al giorno. Ma ciò che ha sorpreso maggiormente è stato l'interesse continuo dimostrato per ogni evento.
Nessun dibattito, nessun laboratorio ha scarseggiato di "pubblico".Anzi oltre agli incontri previsti da programma si sono formati incontri improvvisati per scambiarsi: i semi biologici, le informazioni sull'orto sinergico, o sulle varie modalità di fare il pane o il formaggio e altro ancora. L'agorà di Libera si è trasformata in tante piazze di comunicazione.
La Fiera, nel suo complesso è stata una forte sperimentazione, e tra i dati positivi va ricordato oltre al buon attivo finale, lo spirito con cui sono stati vissuti quei giorni.
L'assenza di un prezzo per il pranzo, il doversi lavare e rimettere a disposizione degli altri il piatto e le altre vettovaglie, la dispensa comune, le assemblee organizzative fatte ogni sera per il giorno successivo, la pulizia dello spazio sociale, la creazione dei gruppi cucina e altro ancora, sono stati vissuti da tutti con estrema naturalezza.
Di dati negativi volendo, se ne possono trovare tanti, ma basta ricordare che nessuno ha mai avuto la presunzione di voler realizzare un evento con delle risposte certe o semplicemente con delle proposte continuative e di "spessore".
Senza ombra di dubbio tutto ciò è mancato ma è anche vero che l'intento di questa fiera era l'incontrarsi e far incontrare.
Quindi forse più che di Fiera dell'Autogestione sarebbe giusto definirla come un incontro preparatorio per la prossima Fiera.
È stato un commisurare l'energie presenti sul territorio.
Possiamo dire che la risposta non è mancata.
C'è chi è venuto con entusiasmo, c'è chi invece è venuto con molta perplessità. Il dato che rimane è ciò che è uscito nell'assemblea conclusiva di domenica: la volontà di continuare con tale esperienza. Magari organizzata meglio, magari costruita prima, magari tanto altro ancora, ma senza dubbio con la consapevolezza di non voler abbandonare questo percorso.
Progetti futuri. 
La volontà per andare avanti è importante, ma è anche importante manifestare tale volontà. Ora sta a chi ha vissuto questi quattro giorni iniziare a tessere la rete, cercare nuovi o vecchi contatti e ripartire con nuove idee che ci accompagnino alla prossima Fiera dell'Autogestione.
E sempre a proposito di rete, il sito della fiera prenderà in futuro nuova forma: cercherà di diventare un contenitore non solo di quello che è successo a fine giugno a Libera, ma diventerà un punto di raccolta e scambio del materiale e informazioni circolante in rete, prodotto naturalmente da tutte quelle realtà che ritrovano nello scambio dei saperi e nel muto appoggio.

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Message: 5
Date: Sat, 10 Jul 2004 16:21:35 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Una storia piccola piccola dell'anarchismo...
	-	Marianne Enckell
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Una storia piccola piccola dell'anarchismo...
Marianne Enckell

A maggio 68, lettrice, lettore, eravate almeno nati? La storia dell'anarchismo non comincia nell'insurrezione studentesca e gli scioperi operai di quella primavera, ma un secolo prima, quando gli operai d'Europa e d'America creavano le loro prime organizzazioni, i loro primi sindacati. O quando Proudhon rivendicava il termine: se è il vostro ordine a regnare, allora sì, sono anarchico! Gli anarchici amano raccontarsi delle leggende, inventarsi degli antenati e degli eroi. Non c'è niente di male in questo: senza dio né padrone, il culto di san Durruti, delle sante Louise e Emma, o di san Ravachol non fa nessun danno, il loro gesto finisce in canzoni o magliette. Ma la storia dell'anarchismo è una storia di uomini e di donne in lotta, avidi di sapere e di cambiamento sociale, di cultura e d'ideale. È anche una storia di errori e fallimenti, di confrontazioni e di successo, e di una volontà  che non si fa mai abbattere. Essere sfruttato o oppresso non basta a fare degli anarchici, bisogna voler farla finita con il dominio e portare in cuore un mondo nuovo. La storia degli anarchici è largamente assente dai libri di storia e ha fatto breccia nel mondo universitario solo da poco. Le righe che seguono danno un sunto, degli stralci, delle linee di forza, scandite da canzoni.



"Ouvrier, prends la machine, prends la terre, paysan..."
("Operaio, prendi la macchina; prendi la terra, contadino...")

Quando i tipografi e gli operai edili scioperano a Ginevra, nel 1868, arrivano aiuti finanziari da tanti paesi d'Europa: le casse di soccorso sono strumenti essenziali della solidarietà, "aspettando che il lavoro salariato sia sostituito dalla federazione dei produttori liberi". A quell'epoca non ci sono rappresentanze sindacali né istituzioni operaie affermate, ma solamente delle sezioni dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, l'AIT o "Prima Internazionale", che esiste da qualche anno. Quando gli sfruttati e gli oppressi si organizzano, sanno che servono dei contatti internazionali per essere più forti, meglio informati: la mondializzazione non data di ieri.

L'AIT confedera ai suoi inizi tutte le correnti autonome del movimento operaio, affermando che "l'emancipazione dei lavoratori sarà l'opera dei lavoratori stessi". Ma Karl Marx e i suoi vogliono farne uno strumento della loro politica, subordinare l'organizzazione operaia alla conquista del potere politico e, in modo coerente, controllare le attività delle sezioni dal Consiglio Generale insediato a Londra.

Contro questo centralismo autoritario, Michail Bakunin e i suoi amici della Federazione Giurassiana praticano il federalismo e, valorizzano l'esperienza della Comune di Parigi del 1871, danno forma poco a poco a quello che sarà il movimento anarchico e anarcosindacalista. Niente di strano che siano espulsi! Sono quasi tutte le forze vive dell'Internazionale che fraternizzano con loro e che sostengono il congresso "federalista" convocato a Saint-Imier, nel Giura svizzero, nel settembre 1872.

"L'autonomia e l'indipendenza delle federazioni e sezioni operaie sono la prima condizione dell'emancipazione dei lavoratori" dichiara il congresso, che propone di stringere un "patto d'amicizia, di solidarietà e di mutua difesa tra le libere federazioni" stabilendo fra loro una corrispondenza diretta e una difesa solidale, per "la salvezza della grande unità dell'Internazionale".

La sua dichiarazione più conosciuta e più citata nella tradizione anarchica riguarda la "natura dell'azione politica del proletariato": è lì  che si dice che "la distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato", che "ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi" e che "i proletari di tutti i paesi devono creare, al di fuori di ogni politica borghese, la solidarietà  dell'azione rivoluzionaria". Difficile essere più semplici e chiari!

Il ramo federalista o antiautoritario dell'AIT ha avuto sezioni importanti in Italia, in Spagna e in Svizzera, e dei gruppi meno numerosi in Francia, in Belgio, negli Stati Uniti, in Uruguay e in Argentina così come delle adesioni dalla Germania e dai paesi nordici. È stata l'autentico crogiolo del movimento anarchico che si è sviluppato in queste regioni. È nel corso di questi primi anni di esistenza che la Federazione regionale spagnola, in particolare, fa avanzare la discussione su anarcocomunismo e anarcocollettivismo, e che Ricardo Mella e Fernando Tárrida del Marmol propongono il concetto di anarchismo senza aggettivi, che sarà felicemente ripreso negli Stati Uniti da Voltairine de Cleyre.

La storia del movimento anarchico comincia con la fine di questa organizzazione generale di tutto il movimento operaio che era l'AIT ai suoi inizi. Le idee anarchiche, loro, hanno preso vita letteralmente con Proudhon. Ma hanno avuto dei precursori, e grandi.

William Godwin è il primo illuminista a elaborare, nel 1792, una concezione che oppone la"giustizia politica" all'esistenza di una sfera politica separata, a proporre quindi l'abolizione dei governi e degli Stati a favore del bene comune. La sua compagna Mary Wollstonecraft afferma chiari e forti i diritti delle donne, uguaglianza e autonomia. Molto tempo prima di loro, Etienne de La Boétie aveva creato il concetto di "servitù volontaria", rivelando un altro aspetto del dominio. Altri autori critici o utopici hanno ispirato il pensiero e le pratiche degli anarchici.

Negli Stati Uniti si sviluppa nell'Ottocento una corrente libertaria, ostile a ogni ingerenza dello Stato e a difesa dell'autonomia personale. Anche autori come Josiah Warren, Stephen Pearl Andrews, Lysander Spooner et soprattutto Henry David Thoreau ("La disobbedienza civile", scritto nel 1849) sono a modo loro precursori dell'anarchismo.



"Si tu veux être heureux, nom de dieu, pends ton propriétaire..."
("Se vuoi esser felice perdio, impicca il padrone...")

La storia dell'anarchismo né comincia coi personaggi vestiti di nero e con una bomba sottobraccio, né finisce con loro. Certo, la dinamite è stata una delle forme ricercate per farla finita col vecchio mondo. Nel 1892, le bombe di Ravachol hanno distrutto le case di due giudici che avevano condannato pesantemente dei compagni operai che avrebbero condotto una specie di rivolta il primo maggio dell'anno prima. Il coltello di Caserio ha ucciso un presidente della Repubblica francese nel 1894, l'arma di Czolgosz qualche anno più tardi un presidente degli Stati Uniti. Qualche gran personaggio morto o ferito; di fronte a quanti militanti assassinati a freddo o spediti in galera a vita? E la modernizzazione della polizia internazionale, con la creazione del predecessore di Interpol nel 1898, per sorvegliare e mettere le briglie ai sovversivi.

L'anarchismo propone un'idea semplice e chiara: senza tiranno, sapremo vivere liberi e solidali. Che si tratti dello zar Alessandro II nella Russia del 1880, del presidente Carnot nella Francia delle "leggi scellerate" della fine dell'Ottocento, più di recente del generale Franco che ha schiacciato la rivoluzione anarchica in Spagna o di Salazar il satrapo del Portogallo, i sovrani non sono al riparo da attentati anarchici. Rari sono tuttavia quelli che ne sono morti, essendo i mezzi dispiegati spesso irrisori rispetto ai servizi segreti e alla forze di sicurezza dei dittatori. E non solo gli anarchici hanno cercato di liquidare papi e despoti, per buoni o cattivi motivi.

La "propaganda col fatto" non si riduce mica a pugnale e dinamite. Quando questa espressione è stata creata, segnalava semplicemente il passaggio all'azione diretta - affermazione, resistenza o contestazione - a complemento della propaganda colla parola e lo scritto, questi strumenti tradizionali di un anarchismo illuminato. Gli anarchici più leggendari, Ravachol o Bonnot, sono eroi di paccottiglia; ma leggiamo la difesa di un Clément Duval nel 1887, di un Emile Henry nel 1894 o di un Marius Jacob nel 1905 davanti ai tribunali francesi, dove rivendicano l'esproprio degli espropriatori e il diritto all'autodifesa; difendono gli stessi valori di una Emma Goldman che esalta e pratica il diritto all'aborto e all'amore libero, di un Buenaventura Durruti che pratica la "ripresa individuale" per finanziare progetti editoriali e sostegno ai compagni incarcerati. Quando Michele Angiolillo spara nel 1897 al primo ministro spagnolo, quando Gaetano Bresci uccide il re d'Italia Vittorio Emanuele nel 1900, quando Simon Radowitzky abbatte nel 1909 il capo della polizia argentina, responsabile di una strage di operai alla manifestazione del Primo Maggio organizzata dalla FORA, quando Kurt Wilckens liquida il luogotenente colonnello Varela nel 1923, rivoltato dall'assassinio sotto la responsabilità di questi di 1500 braccianti in sciopero in Patagonia, non ci sono soltanto gli anarchici a salutare il loro gesto e rallegrarsi della scomparsa dei tiranni. Organizzazioni operaie, giornalisti, avvocati, e persino l'opinione pubblica si mobilitano per sostenerli e onorare il loro ricordo.

In altri casi, per quanto il movente possa essere nobile, il gesto di rivolta individuale può avere conseguenze terribili: basti citare l'anarchico serbo Gavrilo Princip che abbatte l'arciduca Francesco-Ferdinando d'Austria nel 1914 o il consiglista olandese Marinus van der Lubbe che appicca il fuoco al Reichstag di Berlino nel 1933.

Ma gli anarchici sono i primi a essere vittime della repressione. Da otto a dieci anni di galera per aver gridato "viva l'anarchia" alla terrazza di un caffé, per aver affisso un volantino antimilitarista, per aver rubato conigli, questo era la tariffa se si era un anarchico noto alla polizia nella Francia del decennio 1890-1900. Ventidue anni di prigione per Alexander Berkman per aver tentato di abbattere il direttore di un'impresa che aveva represso violenza uno sciopero a Chicago. La sedia elettrica per Nicola Sacco et Bartolomeo Vanzetti, arrestati nel 1920 negli Stati Uniti e giustiziati sette anni più tardi per una rapina che non avevano commesso; il loro amico Andrea Salsedo era stato trovato morto sotto la finestra di un commissariato di polizia newyorchese, proprio come succederà a Giuseppe Pinelli a Milano nel 1969. Gli anarchici americani di origine russa sono stati deportati a San Pietroburgo subito dopo la rivoluzione del 1917; i militanti antifascisti tedeschi e italiani sono stati costretti all'esilio o mandati ai campi di concentramento. E la storia purtroppo non finisce qui.

Niente di strano che il vessillo degli anarchici sia nero, colore del lutto e della rivolta.



"Don't mourn, organize"
("Non portate il lutto, organizzatevi...") 

La storia dell'anarchismo attraversa il movimento operaio organizzato.

È dapprima negli Stati Uniti, dopo la fine della Prima Internazionale, che i lavoratori alzano la testa e passano all'azione diretta. Nel decennio 1880-1890 si uniscono le forze per la giornata di otto ore, centinaia di migliaia di operai fanno sciopero per rivendicarla. Il 3 maggio 1886 a Chicago, un incontro convocato per opporsi ai crumiri viene disperso brutalmente dalla polizia, ci sono morti e feriti. La manifestazione di protesta organizzata all'istante finisce in baccano: una bomba ha ucciso e ferito sbirri e manifestanti. La condanna a morte dei cinque anarchici accusati a torto di aver ispirato questo attentato suscita un'ondata di solidarietà senza precedenti e un movimento planetario che non accenna a fermarsi; il giorno del Primo Maggio, giorno del ricordo e della lotta per la dignità operaia, diventa il punto di riferimento di tutta la corrente sindacale, dal più rivoluzionario al più accomodante. Ma la memoria dominante cancella presto il ruolo che hanno avuto gli anarchici, e così i partiti socialisti butteranno gli anarchici fuori dalle loro riunioni. Della Prima Internazionale, hanno tenuto in buona sostanza solo il primato del partito politico sull'organizzazione autonoma dei proletari.

Gli anarchici replicano sviluppando la loro presenza sul terreno delle lotte operaie, praticando l'azione diretta, aprendo luoghi come le Borse del lavoro. Ai primi del Novecento, la CGT (Confédération Générale du Travail) francese pensa di organizzare l'insieme degli operai fuori da ogni linea politica; secondo la Carta di Amiens, il suo testo fondatore, il sindacalismo basta a se stesso. Invece la FORA argentina e la CNT spagnola, che nascono nello stesso periodo, sono organizzazioni rivoluzionarie di tipo sindacale che, esaltando l'abolizione del salariato e il rifiuto della politica politichese, mirano al comunismo libertario come obiettivo finale. Ma con una differenza: la CNT è strettamente legata all'"organizzazione specifica", la FAI anarchica, mentre la FORA intende educare i suoi membri al suo interno per condurli ad adottare il comunismo anarchico. Gli Industrial Workers of the World, negli Stati Uniti, sviluppano nello stesso periodo tecniche originali di organizzazione, di azione diretta, di sabotaggio e di propaganda: è in quel contesto, per esempio, che compare il gatto nero degli anarcosindacalisti e che Joe Hill mette parole rivoluzionarie nelle melodie di canti che tutti conoscono: "Non portate il lutto, organizzatevi!"). Il modello degli IWW, con il suo rifiuto radicale dei negoziati collettivi, si diffonderà in Cile, in Sudafrica, in Australia, dove i suoi militanti saranno in particolare in prima fila nel movimento antimilitarista nel 1914. La SAC svedese, per quanto la riguarda, lotta contro il monopolio della centrale sindacale LO, sviluppa il sistema della tariffa sindacale come alternativa ai negoziati collettivi. CGT e IWW hanno dal canto loro istituito il marchio di fabbrica: si vede ancora a volte, specie su degli stampati, l'indicazione "questo lavoro è stato fatto da operai sindacalizzati".

La discussione, intrapresa al congresso anarchico di Amsterdam nel 1907 da Pierre Monatte e Errico Malatesta, dura ancora oggi, per sapere se l'organizzazione sindacale è sufficiente come organizzazione rivoluzionaria, se il sindacato è la cellula di base della società futura, o se è intrinsecamente riformista, o ancora se deve essere accompagnato da una organizzazione anarchica "specifica".

Quando il Partito comunista d'Unione Sovietica cerca di prendere l'egemonia sul movimento sindacale internazionale, gli anarco-sindacalisti ridanno vita all'AIT nel 1922, con tredici organizzazioni che rappresentano un milione e mezzo di lavoratori. Questa confedera le lotte sviluppate nel corso degli anni precedenti, con le loro armi specifiche: sciopero generale, solidarietà, boicottaggio, sabotaggio, e sviluppa le armi culturali con una serie di riviste di qualità come Die Internationale in Germania o il Suplemento de la Protesta in Argentina.

La crisi economica degli anni Trenta, poi il fascismo sferrano un duro colpo alle organizzazioni radicali. I sindacati socialisti e comunisti si ripiegano su posizioni difensive o nazionali, i compagni sono costretti all'esilio, le sezioni dell'AIT si svuotano dei loro membri in diversi paesi. La rivoluzione spagnola e la guerra civile saranno l'occasione di un forte movimento di solidarietà, ma provocheranno anche divisioni e conflitti inattesi.

Dopo anni di vuoto, si vedono ricomparire oggi dei solidi movimenti anarcosindacalisti e sindacalisti rivoluzionari in un certo numero di paesi, con diverse etichette.



"Nostra patria è il mondo intero..."

La storia dell'anarchismo attraversa le rivoluzioni del Novecento e le frontiere. La Comune di Parigi del 1871 aveva attirato la solidarietà attiva dei militanti AIT d'Italia, Polonia, Svizzera che avevano partecipato agli scontri; e i comunardi che dovettero partire in esilio in Svizzera, Belgio, Inghilterra o Spagna vi furono accolti come fratelli.

Emiliano Zapata in Messico è stato ispirato dall'anarchico Ricardo Flores Magón. Durante gli anni della rivoluzione, dal 1910 alla sua morte nel 1919, conduce le sue truppe sotto la bandiera di Tierra y Libertad, uno slogan di cui l'eco è arrivata fino ai nostri giorni: venuto dalla Russia dell'Ottocento, è passato per la Spagna per ritornare in Chiapas.

Nella Russia rivoluzionaria, dal 1917 al 1921, gli anarchici -molti sono arrivati spontaneamente o forzatamente dal paese in cui erano ospiti, Francia o Stati Uniti - difendono l'idea dei consigli operai, i soviet, contro il potere del Partito e dei suoi burocrati, prima che questi ultimi non li costringano all'esilio. In Ucraina, Nestor Makhno conduce l'insurrezione contadina contro i Bianchi controrivoluzionari, poi contro i Rossi che vogliono farla finita con gli anarchici; nell'isola di Cronstadt, marinai e soldati instaurano una Comune libera che resisterà fino a che l'Armata Rossa al comando di Trotsky la schiaccia. Esiliati a Berlino, poi a Parigi e a Detroit, gli anarchici russi continuano le loro pubblicazioni, discutono della loro esperienza, partecipano alla costruzione delle organizzazioni, come mostrano in particolare la piattaforma elaborata da Piotr Archinov e la «sintesi» sviluppata da Voline sulla base di quella di Sébastien Faure.

In Cina, dei giovani che hanno studiato in Francia diffondono le idee anarchiche per lottare dapprima contro i "signori della guerra" , poi contro l'egemonia del Partito comunista. Sono soprattutto inseriti nel movimento operaio nel sud del paese e attivi nei grandi scioperi del 1927 a Canton e a Hong Kong. Lo scrittore Ba Jin (Li Pei Kan) traduce i classici anarchici e pubblica poi una serie di libretti in sostegno alla rivoluzione spagnola. In Bulgaria, gli anarchici hanno partecipato al movimento nazionalrivoluzionario dell'Ottocento, cercando di dargli un carattere insurrezionale. Durante la dittatura fascista e la Seconda Guerra mondiale, sopravvivono in clandestinità per riorganizzarsi subito dopo: nel 1945, il loro settimanale ha una tiratura che arriva a 30.000 copie. A Cuba, gli anarchici pubblicano il loro primo giornale nel 1886 e sono presto attivi nel movimento operaio sindacale e culturale. Sono in prima fila nella lotta contro la dittatura di Machado e quella di Batista. In questi tre paesi, gli anarchici sono stati fra i critici più lucidi delle dittature e i più radicali dei rivoluzionari, prima che i partiti comunisti stalinisti si disfacessero di loro con la violenza.

Nel movimento dei consigli in Germania, Italia e Ungheria, nel 1918-1920, gli anarchici hanno impegnato tutte le loro forze e subiscono le più pesanti repressioni. Gustav Landauer, commissario all'educazione della Comune di Monaco, è assassinato nel 1919, poco dopo Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, i leaders socialisti rivoluzionari; il poeta Erich Mühsam, dopo anni di prigione, muore assassinato in un campo di concentramento nel 1934. La Comune di Budapest è schiacciata nel sangue; le occupazioni di fabbriche del 1920 in Italia, che attestano la crescita del sindacalismo rivoluzionario, sono sabotate dai socialisti che aprono la strada alla "controrivoluzione preventiva" organizzata dalle bande fasciste e lo Stato.

Emigrazione ed esilio sono spesso il solo mezzo di evitare la morte violenta o anni di prigione. Elisée Reclus vive in Svizzera dopo la Comune di Parigi, Piotr Kropotkin ne è espulso e trova un rifugio precario in Francia, poi in Inghilterra. Gli italiani Errico Malatesta e Camillo Berneri sono perseguitati da un paese all'altro. Gli anarchici ebrei di Polonia, Ucraina e Germania sciamano a Londra (dove un altro emigrato, Rudolf Rocker, diventa il loro "rabbino goy"), negli Stati Uniti e a Buenos Aires, dove pubblicano per lungo tempo giornali e libri in yiddish. Gli esili successivi di Emma Goldman e Alexander Berkman hanno dato il titolo a una bella raccolta di lettere, Nowhere at home, A casa in nessun posto. O a casa dappertutto, quando dappertutto si trovano compagni, si ricreano dei gruppi, si scambiano pubblicazioni e corrispondenza?

"Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà", cantano gli anarchici italiani. Deportati in Nuova Caledonia dopo la Comune di Parigi, Louise Michel e Charles Malato ci incontrano i Canachi e la loro aspirazione all'autonomia; funzionario in Indonesia, Multatuli abbandona le sue funzioni per denunciare il colonialismo olandese nel suo romanzo Max Havelaar; studenti a Londra, Jomo Keniatta et Julius Nyerere seguono le discussioni del gruppo Freedom; più di recente, non-sottomessi e disertori francesi e americani denunciano le guerre imperialiste in Algeria e Vietnam. Sostenere le lotte di liberazione "nazionale" senza sostenere gli Stati nascenti resta ancor oggi una sfida. La recente comparsa di gruppi anarchici in Indonesia, Filippine, Nigeria, stimolati evidentemente da giovani formati nelle Università del Primo mondo e nutriti di Internet, cambierà la situazione?



"Quand nous en serons au temps d'anarchie..."
("Quando saremo al tempo d'anarchia...")

Nel 1901, Francisco Ferrer fonda a Barcellona la Scuola moderna, che si ispira al Naturalismo Scientifico e confida nel progresso. Essa mira alla liberazione dell'individuo e alla formazione di uomini e donne capaci di trasformare la società. Esalta la coeducazione dei sessi e delle classi sociali, per attaccare alla base i pregiudizi e preparare generazioni future di menti lucide. Verso la stessa epoca, Paul Robin e Sébastien Faure hanno diretto in Francia delle scuole libere dove la pedagogia era basata sulla libertà, la fiducia, la promiscuità, la combinazione fra lavoro manuale e lavoro intellettuale. Ma è l'esperienza di Ferrer che avrà l'eco più forte: dopo il suo assassinio nel 1909, e sull'onda della simpatia e della solidarietà, delle Scuole moderne, delle Scuole Ferrer sono fondate in Brasile, Svizzera, Stati Uniti, Italia... La pedagogia attiva e le scuole alternative attuali si sono ispirate tutte, direttamente o no, di questi predecessori. In Inghilterra (con la scuola di Summerhill fra l'altro) e negli Stati Uniti, le scuole libertarie sono ancora numerose malgrado le difficoltà opposte loro dal sistema ufficiale. Più di recente se ne sono create in Spagna (Paideia), Australia (School without walls), Francia (Bonaventure).

Non si tratta di educare i bambini soltanto: "il compito rivoluzionario consiste innanzitutto a ficcare idee nella testa degli individui" (Jean Grave). La prima attività di una organizzazione o di un gruppo anarchico è spesso la pubblicazione di un giornale, di libretti, di volantini. Erano venduti a decine di migliaia i testi di Kropotkin, Grave o Malatesta pubblicati ai primi del secolo da "Temps Nouveaux". René Bianco a catalogato quasi 2000 periodici anarchici in lingua francese dal 1880 al 1980, le altre lingue non sono da meno. Dalla stampa a mano alla quadricromia e alle fotocopiatrici a grandi prestazioni, la "propaganda con gli scritti" è un'arma prediletta degli anarchici; anche qui lo stiamo a testimoniare.

"Diventiamo più reali", diceva Bakunin agli operai di Saint-Imier nel 1871: che l'organizzazione sia accompagnata da una "vera solidarietà fraterna, non solo a parole, ma in gesti, non solo per i giorni di festa, di discorsi e di bevute, ma nella vita quotidiana". Comunità e cooperative ne sono un esempio; nel passato, individui e gruppi hanno stabilito delle "colonie libertarie", dal Belgio (Colonia L'Essai) al Brasile (La Cecilia), dalla Francia (Aiglemont, Romainville, etc.) al Paraguay (Mosé Bertoni); in Uruguay, la Comunidad del Sur fondata cinquant'anni fa si è ricostituita dopo un lungo esilio in Svezia; dopo Maggio '68, si è andati a fare formaggio di capra e mangiare castagne nelle frazioni abbandonate del Sud della Francia, pochi sono quelle e quelli che hanno resistito alla durezza delle condizioni di vita. Nei loro atenei libertari e nelle loro biblioteche popolari, gli anarchici spagnoli o argentini hanno diffuso da un secolo a questa parte cultura, conoscenze scientifiche e preparazione rivoluzionaria. Gli individualisti, loro soprattutto, hanno sostenuto e praticato le lingue internazionali, ido o esperanto, modo di abbassare frontiere e barriere. L'obiezione alle tasse, ai vaccini, alle istituzioni del matrimonio, del voto e dell'esercito fa parte dello stesso percorso. Oggi, è in tutto il mondo che fioriscono gli spazi autogestiti, occupazioni o infoshop dove si cerca di vivere senza soldi né padrone, dove si inventano nuove forme di scambio e di manifestazioni pubbliche.

Gli anarchici hanno sete di una cultura senza dominio? E la ricchezza di questa cultura è cresciuta grazie a tanti artisti. Gli impressionisti Pissarro, Luce et Signac, i pittori e incisori Steinlen, William Morris, Frans Masereel, Karel Kupka, Man Ray, più di recente Flavio Costantini, Enrico Baj, Cliff Harper, Soulas e altri hanno dato illustrazioni alla stampa anarchica e opere originari alle casse di solidarietà. Joe Hill, Erich Mühsam, Eugène Bizeau, Stig Dagerman hanno scritto poesie e canzoni, Joan Baez, Georges Brassens, Léo Ferré, Paco Ibañez, Fabrizio de André hanno cantato in raduni prima delle Poison Girls, i Black Bird di Hong Kong o i Binamé di Bruxelles. I film di Jean Vigo, Armand Guerra, Jean-Louis Comolli, gli spettacoli del Living Theatre o di Armand Gatti sono altrettanti omaggi all'anarchismo.



"A las barricadas, por el triunfo de la Confederación..."
("Alle barricate, per il trionfo della Confederazione...")

Il più bel capitolo della storia dell'anarchismo è evidentemente la rivoluzione spagnola del 1936, malgrado il suo seguito tragico. Per molti mesi, operai e contadini hanno vissuto il comunismo libertario nelle fabbriche e nei paesi, nelle milizie, nelle famiglie, nei servizi pubblici; decine di migliaia di donne hanno partecipato all'organizzazione delle Donne Libere. Ma dovevano anche fare la guerra per difendere la nuova società che creavano.

La confederazione anarcosindacalista CNT, fondata nel 1910, aveva messo tutte le sue forze nell'educazione del popolo, la pratica dell'organizzazione e la preparazione dell'insurrezione. Con la federazione anarchica FAI, dei tentativi rivoluzionari sono effettuati dal 1932 al 1934 in diverse regioni del paese: costituzione nei paesi di collettività comuniste libertarie, assalto contro le caserme e i municipi, che rinforzano il radicamento popolare dell'anarchismo ma suscitano una repressione smisurata e la polarizzazione via dalla sinistra politica. A luglio del '36, gli anarchicisono tuttavia pronti a replicare al colpo di stato del generale Franco e salgono "alle barricate, per il trionfo della Confederazione", la CNT: il movimento delle collettivizzazioni si avvia subito, contemporaneamente alla costituzione di milizie.

La solidarietà dei compagni stranieri è immediata; centinaia di anarchici francesi, italiani, tedeschi, argentini, svizzeri, lasciano il lavoro sin dal mese di agosto 1936 per andare a battersi in Spagna contro il fascismo e per la rivoluzione sociale. venticinque anarchici cinesi arriveranno fino a Marsiglia, prima di dover far marcia indietro. Dei camion di viveri e di vestiti, sotto i quali sono spesso nascoste delle armi, traballano attraverso i Pirenei e passano la frontiera fra gli evviva.

Ben diversa è l'attitudine delle democrazie europee e della sinistra socialista e comunista, che temono la generalizzazione della guerra e la vittoria della rivoluzione e adottano una politica di non-intervento. Esse aprono così la via all'appoggio massiccio di Mussolini e Hitler ai fascisti spagnoli: gli mandano truppe, aerei e armi pesanti. È solo a ottobre che l'URSS cambia tattica e incoraggia la costituzione delle Brigate Internazionali, severamente inquadrate, di cui una delle missioni sarà quella di rompere lo slancio rivoluzionario del popolo a vantaggio della guerra.

I fronti si sono moltiplicati così come le vittime, le milizie anarchiche mancano di armi e di munizioni, le fabbriche collettivizzate improvvisano mezzi blindati e obici. Poco a poco, l'industria tutta intera diventa industria di guerra o di retroguardia, e "la guerra divora la rivoluzione", come scrive allora il libertario francese Pierre Ganivet. Nel suo isolamento, giudicando prioritaria la difesa del fronte antifascista, la CNT prende la decisione discutibile di entrare già a settembre nel governo di Largo Caballero, poi di accettare a fior di labbra la militarizzazione delle milizie. Si fa così posto agli stalinisti che si attribuiscono la direzione di questa guerra. A maggio 1937, attaccano frontalmente gli anarchici e il POUM a Barcellona, assassinando Camillo Berneri che era stato uno dei critici più fieri della partecipazione della CNT al governo. Quest'ultima, presa fra due fuochi, non sa far altro che invitare alla calma.

Le collettività di Catalogna e d'Aragona saranno ben presto riprese, quelle del Levante resisteranno ancora parecchi mesi. A febbraio 1939, Barcellona è presa dalle truppe franchiste, a marzo tocca a Madrid. Migliaia di anarchici e repubblicani sono massacrati o imprigionati, centinaia di migliaia prendono la via dell'esilio e si trovano confinati in accampamenti tirati su in fretta sulle spiagge francesi del Mediterraneo.

Il movimento libertario si è ricostituito in esilio, con la CNT, la FAI e le organizzazioni di giovani e donne, con le divisioni ineluttabili che provoca questo genere di situazioni. All'interno della Spagna, la CNT si è anche ricostituita senza tregua nella clandestinità, al prezzo di numerosi morti e interminabili anni di prigione. È la stessa sorte che è toccata ai guerriglieri che hanno cercato di ricostituire un movimento di resistenza e a un gran numero di militanti che hanno cercato di farla finita con Franco, finché questi non finì da solo nel 1975.



Rue Gay-Lussac, i ribelli non hanno solo auto da bruciare...

Maggio '68 non è cominciato al mese di maggio '68. Gli studenti avevano ben dimenticato che l'anarchismo aveva rialzato la testa in Francia e in Italia, appena finita la guerra nel 1945; si era ben dimenticato, negli anni di abbondanza, il coraggio di quelli che pubblicavano dei giornali, riformavano le organizzazioni, riannodavano dei contatti. Nei loro esili, gli anarchici spagnoli hanno contribuito a mantenere la fiamma del movimento, anche se si sono posti a volte come modelli insuperabili; l'antifranchismo militante è senza dubbio stato, così come il movimento contro la guerra del Vietnam, uno dei fattori scatenanti di Maggio '68.

Dalla presa del potere dei partiti stalinisti nelle "democrazie popolari" dell'Europa dell'Est e in Cina, solo deboli voci vi testimoniavano ancora di un fiero passato anarchico. Nei paesi occidentali e in America, i partiti comunisti si arrogavano la sola opposizione sonora al capitalismo e alle democrazie liberali. Tutti si sono davvero meravigliati a vedere la gramigna anarchica rimettere radici.

Negli Stati Uniti, i vecchi compagni di origine russa, italiana, spagnola hanno avuto loro stessi delle difficoltà a riconoscersi negli hippy e negli studenti in collera; in Germania, c'era solo un pugno di veterani, Augustin Souchy, Willy Huppertz, Otto Reimers, che pubblicavano dei modesti bollettini. In alcuni anni, le librerie si sono improvvisamente riempite di tascabili sull'anarchismo (e su tutte le correnti di sinistra), ristampe, antologie, saggi; i professori hanno cominciato ad accettare di discutere tesi sulla rivoluzione spagnola, su Makhno e su Cronstadt, studi su rassegne stampa, poi lavori femministi e di storia orale. In alcuni anni si è costituita una cultura anarchica di base, accessibile e accettata.

Nel Sud d'Europa, l'anarchismo non era stato completamente occultato, ma anche lì la diffusione delle idee e delle pratiche si è accelerata, così come quella della A cerchiata sui muri. Quando il Brasile ha conosciuto un breve periodo democratico, delle opere erano inviate clandestinamente in Portogallo dove la ferula di Salazar proibiva lo studio della storia del Novecento. Nella Spagna schiacciata sotto il giogo di Franco, la giovane generazione cercava le sue radici, interrogava i suoi padri, pubblicava sottomano. Appena morto il dittatore, centinaia di gruppi hanno adottato il bel nome di CNT.

Nel 1984, anno simbolo se si può dire, alcune migliaia di anarchici si sono messi in strada convergendo verso Venezia per ascoltare conferenze, partecipare a dibattiti, assistere a concerti, visitare mostre, raccontarsi la loro pratica. Nel 1993, erano quasi altrettanto numerosi a Barcellona per l'Esposizione internazionale. Luoghi privilegiati, questi grandi raduni, per far incontrare non solo compagni di lingua e cultura diverse, ma generazioni diverse, appassionati dell'anarchismo classico e giovani squatters, universitari canuti e punkine variopinte. Fra queste due riunioni, la geografia dell'anarchismo aveva preso dimensioni nuove: nei paesi d'America latina e d'Europa dell'Est si costituivano o si ricostituivano dei gruppi, delle pubblicazioni, delle memorie. Questo sviluppo multicolore e multiforme non è stato fermato da allora: gli anarchici hanno un futuro per davvero.



Tutti gli amici della Comune non sono morti senza lasciar nulla...

Questi appunti richiedono certo di essere arricchiti, se hanno saputo stuzzicare la vostra curiosità. (NdT: questo articolo è stato scritto in francese: i testi che seguono sono scelti per un pubblico francofono)

Max Nettlau è considerato come "l'Erodoto dell'anarchismo", ma la sua fama dimentica che è prima di tutto storico delle idee, e molto di meno del movimento. Per i lettori francofoni, le sue opere sono di difficile accesso. Degli autori recenti hanno seguito le sue orme, Jean Préposiet ("Histoire de l'anarchisme", 1993), Nico Berti ("Il Pensiero anarchico", 1998). Peter Marshall ("Demanding the Impossible", 1992) ha tentato una storia generale del movimento anarchico nel mondo, delle sue lotte e delle sue realizzazioni. Per avere le grandi linee dell'argomento, si può certo leggere Daniel Guérin ("L'Anarchisme", numerose ristampe dal 1965, e l'antologia "Ni Dieu ni maître", ristampa 2000), guardare l'album di Domenico Tarizzo ("L'Anarchie", 1978) e appassionarsi per il bel romanzo di Michel Ragon, "la Mémoire des vaincus" (Livre de Poche). Nella collana "Que Sais-Je", si preferirà Gaetano Manfredonia ("L'Anarchisme en Europe") all'antico Henri Arvon ("L'Anarchisme"). Gli atti di un convegno sull'anarcosindacalismo nel mondo, tenuto a Parigi nel 2000, sono stati pubblicati col titolo "Histoire du mouvement ouvrier révolutionnaire". Negli atti di due altri convegni, "la Culture libertaire" e "l'Anarchisme a-t-il un avenir" (ACL, 1997 et 2001), parecchi capitoli parlano della storia del movimento. Altri lavori si riferiscono a un periodo o a un paese, e le biografie e autobiografie di militanti donne e uomini sono troppo numerose per essere citate qui. In lingua francese, il catalogo della libreria Publico a Parigi, quello de La Gryffe a Lione e la "Feuille mensuelle d'informations du CIRA-Marseille" propongono periodicamente la quasi totalità delle pubblicazioni disponibili riguardanti l'anarchismo.

Delle canzoni che ritmano la saga anarchica sono riprodotte nel libretto "Un Siècle de chansons" (Lausanne, CIRA, rééd. 2001) e figurano in diversi dischi. Due autori hanno studiato di recente "Il Canto anarchico in Italia" (Milano, 2001) in quasi 400 pagine. E si è trovato persino del karaoke anarchico su Internet.

Dall'inizio degli anni Settanta soprattutto, diversi film hanno raccontato episodi della storia dell'anarchismo. In ordine cronologico, iniziamo citando "L'Extradition" (Peter von Gunten, Suisse, 1974), sulle relazioni fra Bakunin e Neciaev e l'espulsione di quest'ultimo dalla Svizzera. Sulla Comune di Parigi, esistono tanti documentari e sceneggiati, come ad esempio "La Barricade du Point-du-Jour" (René Pichon, France, 1971). Sulla rivoluzione messicana, si trova dal peggio al meglio; ci piacerà Marlon Brando in "Viva Zapata" (Elia Kazan, USA, 1952) o il documentario "Zapata mort ou vif" di Patrick le Gall (1993). Makhno è stato trattato male dal cinema sovietico, e salvato da Hélène Châtelain nel suo documentario "Nestor Makhno, paysan d'Ukraine" (Francia, 1996). Sul sindacalismo rivoluzionario, bisogna vedere "Joe Hill" (Bo Widerberg, Suède, 1971) e i documentari sulla Germania ("Anarchosyndikalismus", FAUD, 1996) o la Svezia ("En Historia utan slut - Una historia sin final", SAC, 1995). "Free Voice of Labour" (Pacific Street Films, USA, 1980) riporta le lotte degli anarchici ebrei negli Stati Uniti. "La Bande à Bonnot" (Philippe Fourastié, France, 1968) e certi episodi delle "Brigades du Tigre" (telefilm, France, anni Settanta) sono piuttosto nel registro della leggenda, come diversi sceneggiati italiani della stessa epoca. Il film di Montaldo, "Sacco e Vanzetti" (Italia, 1971) val bene i documentari sullo stesso tema. La rivoluzione spagnola è stata filmata giorno per giorno, molti estratti documentari figurano in "Un Autre Futur" (Richard Prost, France, 1988) e, con delle testimonianze recenti di donne, in "Toutes nos vies - De Toda la Vida" (Liza Berger, Carol Mazor, USA 1986) mentre sappiamo bene il successo di "Land and Freedom" (Ken Loach, Grande-Bretagne, 1995). In Argentina, Bolivia e Uruguay, diversi documentari riportano in modo notevole degli episodi storici. Sulla storia recente, oltre alle ricostruzioni del Maggio '68, si cercherà di vedere il telefilm di Dany Cohn-Bendit, "Nous l'avons tant aimée, la révolution" (France, 1986), e il bel reportage sull'incontro internazionale di Venezia nel 1984 realizzato da dei compagni di Hong Kong, "A Living Song". Infine esiste un gran numero di biografie filmate, distribuite in francese in particolare dalla libreria Publico a Parigi : Rudolf Rocker, Louis Lecoin, May Picqueray, Armand Guerra...

Quanto ai siti Internet, propongono a migliaia testi, storie, biografie e immagini. Si può cominciare da uno qualsiasi, si arriverà sempre coi links a trovare di che farsi una cultura. Le redattrici e redattori di "Réfractions", per esempio, gestiscono http://www.plusloin.org (la rivista e diversi testi), http://www.anarca-bolo.ch/cira/ (catalogo della biblioteca del Centre International de Recherches sur l'Anarchisme CIRA - Losanna), http://www.nothingness.org/RA/ et http://melior.univ-montp.3.fr/ra_forum/ (ricerche sull'anarchismo), http://www.atelierdecreationlibertaire.com (Atelier de création libertaire) e partecipano a qualche altra pagina.


(traduzione AcrataZ - http://www.ecn.org/acrataz)


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Message: 6
Date: Sat, 10 Jul 2004 19:23:52 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Novara: Quando torneremo a Genova ovvero
	Parole e	Musica contro la repressione
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Content-Type: text/plain; charset="iso-8859-1"

      Il Circolo Zabriskie Point

      www.zetapoint.org

      presenta:

      Quando torneremo a Genova ovvero

      Parole e Musica contro la repressione
     
     
       
     
      Alle ore 21 di venerdì 9 luglio 2004

      presso la saletta della Barriera Albertina di Novara. 

      A quasi tre anni dall'assassinio di Carlo Giuliani, dalle botte in piazza, dai vergognosi massacri della Diaz e di Bolzaneto.

      Per non dimenticare. 

      Intervengono:

      Marco Philopat
                      Scrittore
      Paolo De Leo
                                             RSU Ospedale Molinette di Torino

                                             coordinatore regionale Sanità RdB-CUB
     
      A seguire, il concerto di
      
     
      ALESSIO LEGA
      www.alessiolega.it 
       
     
      Circolo         Zabriskie Point         Novara
      Aderisce RdB-CUB Novara
     



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      Luglio 2004:

      per non dimenticare.

      Genova, luglio 2001.
     
     
       
     
      Per non dimenticare le motivazioni reali delle manifestazioni contro il G8 di Genova:


      ·        Il diritto all'acqua per la popolazione mondiale: ancora oggi centinaia di milioni di persone sono private di questo bene essenziale.


      ·        La solidarietà coi migranti, costretti a fuggire dai loro paesi dalla miseria e dalla guerra, sfruttati ed incarcerati nelle democrazie occidentali.


      ·        Il diritto di usufruire dei farmaci anti-aids da parte di tutti coloro che ne hanno bisogno, a prescindere dalle loro condizioni economiche.


      ·        Il diritto di rifiutare la guerra, con tutte le sue articolazioni, come la produzione bellica, che fa aumentare la miseria in ogni parte del mondo.


      Per non dimenticare le violenze, i sequestri di persona, la mattanza della scuola Diaz. Per non dimenticare Carlo Giuliani e le schifezze dei media di regime che hanno tolto visibilità all'opposizione contro la politica e l'economia globale. 

       

      Circolo         Zabriskie Point         Novara 
      www.zetapoint.org
     

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Message: 7
Date: Sun, 11 Jul 2004 00:31:42 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Torino: video sorvegliare e punire a scuola
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Torino: video sorvegliare e punire a scuola

È in atto, nelle scuole superiori torinesi, al momento ci risultano l'Itis Avogadro, l'IPSIA Zerboni ed l'Itis Pininfarina di Moncalieri, ma altre scuole sono interessate, la corsa all'installazione di sistemi più o meno complessi di video sorveglianza. 
Varrebbe la pena di verificare se fatti simili avvengono in altre città.
La giustificazione normalmente accampata dai dirigenti scolastici è la necessità di evitare furti e danneggiamenti alle cose e di salvaguardare l'incolumità delle persone. 
Di fatto il tutto si traduce nella realizzazione di un modello sociale occhiuto, proteso a sorvegliare e punire cancellando i residui spazi di diritto alla riservatezza e realizzando il pieno trionfo della TV spazzatura, che esporta il "grande fratello" anche negli edifici scolastici. 
Superfluo dire che si tratta di un bel business al costo medio di 10-15.000 euro per installazione, cioè l'equivalente di un'aula informatizzata di medio livello e questo da solo, nel panorama sgangherato della scuola italiana, grida vendetta.
Vale la pena di ricordare che l'introduzione della videosorveglianza nelle scuole contraddice sia lo statuto dei lavoratori, che pone alcuni precisi limiti all'utilizzo di strumenti di controllo a distanza, che la tutela della privacy. Sullo stesso terreno legale, insomma, assistiamo all'ennesima forzatura che prepara una modificazione, in senso peggiorativo, della stessa norma se non vi sarà un'opposizione adeguata a questa deriva.
D'altro canto la forzatura dal punto di vista del controllo sui lavoratori della scuola, oltre che degli studenti, sta diventando uno sport praticato dai dirigenti scolastici più zelanti con la copertura dell'amministrazione. 
Sempre nella provincia di Torino, le sospensioni "cautelari" dal servizio in attesa di sanzioni più severe - a rigore, il licenziamento - sono cresciute, nel corso dell'ultimo anno scolastico, in maniera esponenziale.
Ovviamente, i lavoratori colpiti da queste sanzioni sono, di norma, "deboli" e si tratta, nella gran parte dei casi, di persone che non riescono a "imporre la disciplina" agli studenti. 
È interessante notare come le vittime delle sanzioni tendano a chiudersi in se stesse, a sentirsi "inadeguate", a cercare, al massimo, una tutela legale. 
Il reale effetto, in altri termini, di queste pratiche consiste nel trasformare una questione sociale, il degrado della scuola pubblica che vede l'aumento degli alunni per classe, il taglio delle risorse, l'abbandono della pretesa di svolgere un ruolo di contrasto alla stratificazione sociale in una questione individuale: vi sarebbero individui deboli ed inadeguati da espellere dalla scuola e la scuola "epurata" da questi soggetti tornerà a funzionare mirabilmente.
D'altro canto, se la scuola viene eguagliata ad un supermercato con la pubblicità per attrarre i clienti non si vede perché, come avviene nei supermercati, non debbano esservi strumenti di controllo sulla clientela e sul personale.
È, d'altro canto, interessante notare il fatto che gli stessi dirigenti che si distinguono nell'introduzione di forme di controllo più "rigorose" siano allegramente disposti all'illegalità quando si tratta di non tener conto dei diritti sindacali dei lavoratori e come, in questi casi, la stessa gerarchia sia disposta a chiudere entrambi gli occhi quando si tratta di sanzionare i suoi.
Siamo perfettamente consapevoli che vi è del metodo in questa, apparente, follia e che la sistematica pratica della illegalità da parte di settori dell'amministrazione è la realizzazione pratica di un'idea di scuola non come diritto generale ma come assieme di aziende sottoposte all'arbitrio della dirigenza scolastica.
Si tratta, di conseguenza, di sviluppare nelle scuole una rete per la difesa dei diritti e di invitare ad operare in questo senso tutte le forze sindacali non concertative, i delegati delle rappresentanze sindacali unitarie, le sezioni sindacali di scuola e, soprattutto, i lavoratori e gli studenti.

Cosimo Scarinzi

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Message: 8
Date: Sun, 11 Jul 2004 00:32:10 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Livorno: perquisizione
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
Message-ID: <001701c466cd$be472940$40181a97 at kaoxnet>
Content-Type: text/plain; charset="iso-8859-1"

Livorno: perquisizione 

Mercoledì 23 giugno è stata effettuata una perquisizione presso il centro sociale Godzilla di Livorno. Notevole il dispiegamento di forze: settanta carabinieri ed un magistrato; per due ore il quartiere è stato messo sotto assedio, impossibile avvicinarsi anche per i giornalisti. Al termine dell'operazione sono stati sequestrati un computer e dei documenti.
La motivazione ufficiale del blitz è stata in un primo tempo grottescamente riferita ad irregolarità nel contratto di utilizzo dei locali e nella fruizione dell'energia elettrica. Successivamente il magistrato ha collegato la perquisizione ad operazioni antiterrorismo, confezionando un teorema-minestrone che vede mescolati tifoseria calcistica, organizzazioni dell'estrema sinistra e assalto alla sede del ministro di A.N. Matteoli.
Già tre mesi fa, a marzo, un'altra perquisizione clamorosa fu effettuata nello stesso edificio, nella sede del circolo politico 1921; i carabinieri allora fecero addirittura irruzione dal tetto sbarcando da un elicottero.
In entrambi i casi le perquisizioni non hanno dato nessun esito se non quello di aumentare il clima repressivo nella città, clima che difficilmente è destinato a diminuire.
L'amministrazione di centro sinistra ha recentemente inaugurato una politica ufficiale che punta ad una distensione con alcuni settori politici giovanili, aprendo trattative con Godzilla e circolo 1921 ed impegnandosi sul fronte della concessione degli spazi. L'obiettivo evidente è quello di poter gestire una situazione pacificata anche in vista degli impegni che la città dovrà sostenere con la promozione della squadra di calcio in serie A. Tale indirizzo non può prescindere, d'altra parte, dalla nozione di ordine pubblico così come è classicamente ed istituzionalmente inteso e come la destra più reazionaria lo esige: esercizio della forza e della repressione da parte dei tutori dell'ordine.
La Federazione anarchica livornese ha partecipato alla manifestazione di solidarietà con gli occupanti dei centri perquisiti che si è tenuta sabato 26 giugno ed ha emesso il seguente comunicato: "la FAL esprime piena solidarietà agli occupanti della sede di via dei Mulini, fatti ripetutamente segno di vergognosi quanto eclatanti episodi repressivi dalle motivazioni grottesche.
Tali azioni si vanno ad inquadrare nel clima di crescente imbarbarimento che si registra in città, con la recente affermazione elettorale della destra più reazionaria, con il crescente spazio assunto dai fascisti e con gli inevitabili condizionamenti degli apparati di polizia e magistratura.
In questo clima, chi si fa promotore di autentica alternativa sociale e politica viene isolato e criminalizzato. Avviene nel caso della campagna antianarchica che sta imperversando in tutto il paese, così come nelle intimidazioni costanti nei confronti dei settori politici più attivi, nel tentativo di tacitare ogni forma di dissenso.
Per chi esercita il potere la pace sociale non è quella che si costruisce attraverso il dialogo, la distensione, la trattativa, ma attraverso l'intimidazione, la criminalizzazione, la repressione, l'isolamento: isolamento di un settore politico dal quartiere dove è radicato, isolamento dal contesto cittadino, isolamento rispetto ad altri settori politici antagonisti, divisione tra antagonisti buoni e cattivi.
La FAL è al fianco dei compagni colpiti dalla repressione e sostiene le varie forme di protesta che saranno messe in atto per affermare la libertà della pratica politica a Livorno.

Patrizia

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Message: 9
Date: Sun, 11 Jul 2004 00:33:19 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Turchia: manifestazioni e repressione durante
	il	vertice NATO di Istanbul
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Turchia: manifestazioni e repressione durante il vertice NATO di Istanbul

Il vertice NATO svoltosi ad Istanbul alla fine di giugno è stato segnato da vivaci manifestazioni di protesta e da una dura repressione poliziesca.
Il clima era arroventato da varie settimane: le strade e le vie di Istanbul erano tappezzate di manifesti contro la NATO e gruppi di militanti delle varie organizzazioni della sinistra radicale turca volantinavano ed esponevano mostre fotografiche. Inoltre i vari attentati dinamitardi, di cui uno con quattro vittime, avevano portato la tensione alla stelle.
Il 26 giugno, un sabato, una grande manifestazione aveva attraversato le vie della capitale, Ankara.
Il giorno successivo, l'arrivo di Bush in Turchia è stato salutato con un corteo che, a seconda delle stime, ha raccolto dalle 40 alle 60 mila persone. Questa manifestazione, la sola autorizzata dalla polizia tra quelle annunciate contro il vertice NATO, si è svolta in modo pacifico a diversi chilometri di distanza dal luogo dell'incontro dei capi di stato dell'Alleanza Atlantica. Un incontro il cui fulcro sono state le modalità di coinvolgimento nel conflitto iracheno dell'Alleanza militare sopravvissuta alla fine della guerra e fredda. La foglia di fico trovata per nascondere il perdurare di forti divergenze tra gli USA ed alcuni dei maggiori paesi europei, schieratisi contro l'intervento anglo-americano nel paese tra il Tigri e l'Eufrate, è stata la decisione di aderire alla richiesta del governo fantoccio guidato da Allawi di partecipare all'addestramento delle future forze armate del "nuovo" Iraq. Un nuovo Iraq la cui nascita, prevista per il 30 giugno, con mossa a sorpresa è stata anticipata al 28, con una spicciativa cerimonia di passaggio delle consegne tra il proconsole americano Paul Bremer ed il premier Allawi. Peccato che Bremer partendo si sia scordato di portare con se gli oltre 160.000 militari del contingente di occupazione statunitense.
Sul fronte ufficiale il summit ha mostrato le ovvie ambiguità di un'Alleanza militare cui aderiscono paesi in forte competizione economica (ma non solo) tra di loro. Nei fatti una sorta di nuova guerra fredda non dichiarata è in corso tra gli USA e il fronte franco-tedesco. 
Nelle piazze e nelle strade della metropoli a cavallo dei Dardanelli l'opposizione alla più potente alleanza militare del pianeta è stata molto determinata. La strategia adottata dalla polizia in occasione della manifestazione del 27 è stata quella del controllo a distanza: d'altra parte, come dice l'ex giudice ed ex presidente turco di destra Demirel, "le strade non si consumano con i cortei".
Gli anarchici, riuniti nel Coordinamento Libertario contro la NATO, hanno dato vita ad uno spezzone di circa 400 compagni provenienti da varie città turche: Ankara, Izmir, Izmit, Antalya, Bursa, Bolu, Iskenderun, Canakkle, Corlu, Duzce, Denizli oltre, ovviamente, a quelli di Istanbul. Erano presenti anche piccole delegazioni di anarchici provenienti da vari paesi europei e dagli Stati Uniti: questi ultimi hanno portato uno striscione del gruppo "Cibo non bombe" che ha destato viva curiosità tra chi partecipava e chi assisteva alla manifestazione.
Durante il corteo, i writer anarchici si sono dati molto da fare con scritte e manifesti: un gruppo ha partecipato con uno striscione che diceva "Comunismo anarchico contro lo Stato, il Capitalismo e gli Eserciti" e ha distribuito un proprio volantino. Un'insegna con scritto "Zona militare - vietato l'accesso" è stata rimossa, "decorata" e rimessa a posto sotto gli occhi curiosi dei soldati. A dimostrazione che se "i cortei non consumano le strade", possono tuttavia cambiare loro il volto se sanno unire la radicalità dei propri obiettivi alla capacità di costruire relazioni comunicative efficaci.
Il giorno successivo, lunedì 28 giugno, prendevano ufficialmente avvio i lavori della conferenza NATO e lo stile della polizia, che i compagni locali definiscono "europeo", muta improvvisamente dando vita a scontri durissimi e ad una feroce repressione. Anche questa in pieno stile europeo e in nulla prerogativa turca, come ben sanno i tanti che hanno frequentato le piazze d'Europa in questi anni. La manifestazione non autorizzata aveva come punto di incontro Mecidyekoy, a nord del complesso del vertice da dove sono partiti circa duemila manifestanti diretti verso la zona rossa, peraltro assai distante dal concentramento e sorvegliata da 26.000 uomini in armi e chiusa con transenne e divieti alla circolazione delle auto. Particolare non irrilevante: la zona del vertice si trovava al di la dello stretto e, quindi, anche il corteo di lunedì aveva una valenza simbolica di contestazione, vista la concreta impossibilità di raggiungere la zona dell'incontro NATO.
Dopo un breve percorso, il corteo, cui prendeva parte anche un piccolo "Blocco Nero" di circa una sessantina di compagni, è stato violentemente attaccato dalla polizia che ha fatto ricorso a gas, granate assordanti e, ma non è confermato, avrebbe esploso diversi colpi di arma da fuoco. Ne sono seguiti scontri durati un paio d'ore con i manifestanti che hanno risposto all'attacco con bottiglie incendiarie e lancio di sassi e biglie. Numerosi i feriti sia tra le forze del disordine che tra i partecipanti al corteo. Diversi sono stati gli arresti, anche se non è possibile stabilire quanti tra i fermati, siano anarchici. Dei due comunicati diffusi in rete quello comparso su Indymedia parla di arresti tra gli esponenti del "Blocco Nero", mentre su a-infos si afferma che nessun anarchico sarebbe tra i colpiti dalla repressione poliziesca. Nel corso della giornata, nella piazza di Galatasaray, due antimilitaristi hanno letto la propria dichiarazione di obiezione totale, una scelta che nella Turchia odierna comporta pesanti pene detentive. Le manifestazioni e gli scontri intorno alla Zona Rossa sono continuati per l'intera giornata sino a notte. Il giorno successivo, nonostante la dura repressione vi sono stati altri tentativi di contestazione duramente repressi.
Il centro della contestazione è piazza Galatasaray, a metà della centralissima via pedonale Istikal, luogo di commerci, iniziative culturali incontri ed anche luogo preferito della vita pubblica e dei suoi appuntamenti. È la piazza delle "Madri del sabato", le madri dei desaparecidos curdi: è la "Plaza de Mayo" di Istanbul. I poliziotti in assetto antisommossa che la gremiscono attaccano un primo corteo partito da lì per Istikal che viene disperso con la forza. Più tardi anche una manifestazione sindacale viene attaccata ed i pestaggi sono particolarmente feroci: un testimone riferisce che solo l'intervento della gente pone fine alla selvaggia aggressione ai danni di un malcapitato caduto a terra e fatto bersaglio di calci, pugni e manganellate da numerosi poliziotti.
Successivamente l'organizzazione per i diritti umani IHD tiene una manifestazione-conferenza stampa nel corso della quale vengono esibite le foto scattate il giorno precedente all'ospedale dove erano state ricoverate le vittime delle cariche poliziesche del giorno precedente: volti tumefatti ed arti fratturati. Nessuno deve contestare i signori della guerra. Ma, nonostante la repressione che colpisce chi si oppone alla guerra, al militarismo ed all'ingiustizia globale, in ogni dove i padroni del mondo incontrano gente disposta a scendere in piazza per assaggiare un po' di democrazia reale. La stessa che insanguina l'Afganistan, l'Iraq, il Kosovo ed i mille sud di questo mondo.

A cura di Amria (fonti: a-infos, Indymedia Turchia)
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Message: 10
Date: Sun, 11 Jul 2004 00:36:00 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Filattiera: festa antimilitarista
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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Filattiera: festa antimilitarista

Festa dell'Assemblea Antimilitarista e Antiautoritaria 26-27-28-29 agosto 2004.
Località Selva di Filattiera Comune Filattiera Provincia Massa Carrara

Come arrivarci:
Auto: Autostrada A15 Uscita Pontremoli prendere la statale 62 della Cisa direzione Aulla salire verso il Comune di Filattiera, prima del paese seguire le indicazioni per il campo sportivo.
Treno: telefonare al n. 3338465884 Marco

Programma:

Giovedì 26 agosto ore 19. Conferenza stampa e inaugurazione

Dibattiti
Venerdì 27 agosto ore 16. Antimilitarismo: storia, ragioni e prospettive
Sabato 28 agosto 2004 ore 16. Guerra globale: dalla guerra umanitaria alla guerra permanente
Domenica 29 agosto ore 10. Guerra interna: dal welfare al warfare 
Militarizzazione del territorio, esercito professionale, propaganda militarista e nazionalista
Domenica 29 agosto ore 15. Assemblea: Prospettive della lotta antimilitarista

Per l'Assemblea Antimilitarista ed Antiautoritaria, l'incaricato

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Message: 11
Date: Sun, 11 Jul 2004 02:47:40 +0200
From: contropotere at inventati.org
Subject: [Contropotere] Marcello Lonzi,	un giovane livornese colpito a
	morte dallo Stato
To: "Newsletter" <contropotere at inventati.org>
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MARCELLO LONZI

UN GIOVANE LIVORNESE COLPITO A MORTE DALLO STATO

PER NON DIMENTICARLO...

Marcello Lonzi è stato ucciso l'11 luglio del 2003. L'amministrazione penitenziaria dice che è morto d'infarto. In carcere non c'era mai stato, doveva scontare poco più di quattro mesi in quanto la giustizia lo condannò per tentato furto. Marcellino, conosciuto in tutta Livorno, aveva 29 anni quando è stato ammazzato dai secondini. Tutti i detenuti della 6° sezione del carcere sono a conoscenza di questo fatto mentre l'autopsia eseguita dal medico legale Bassi Luciani ha stabilito clamorosamente che le cause della morte sono state naturali e dovute ad un infarto. 
Tanto per iniziare: perché i familiari sono stati avvertiti dodici ore dopo la morte? E perché lo hanno tenuto tanto tempo all'interno del carcere? 
Perché se è morto d'infarto hanno spostato il corpo nel corridoio?

Le foto dell'autopsia smentiscono le menzogne del medico legale Bassi e in maniera oggettiva mostrano un corpo che ha perso molto sangue ed ha subito diversi colpi riportando ecchimosi sulla schiena, ferite sul volto, sulla testa e in particolare una profonda fino all'osso: le guardie gli potrebbero aver sbattuto la testa sull'inferriata. Si vedono il sangue sul pavimento, nonostante le pulizie del penitenziario per occultare la verità. 
Chi le ha provocate? 

Coloro che difendono il potere e la tortura hanno avuto il coraggio di dire che sono state causate dalla caduta di Marcello contro le grate della cella al momento dell'infarto. Aguzzini!

I signori medici, complici degli assassini, hanno prelevato alcuni organi vitali e dei tessuti per sottoporli ad esami tossicologici, esami che dovevano essere eseguiti nell'arco di sei mesi perché poi i frammenti non sarebbero più stati buoni, ma che non sono mai stati eseguiti; questi organi si trovano ancora a medicina legale a Pisa. Allora perché sono stati prelevati?

L'autopsia è stata eseguita senza avvertire nessuno dei familiari per evitare la nomina di un consulente di parte.
Il signor Bassi è lo stesso medico che nel mese di settembre dell'anno scorso verbalizzò l'ennesima "morte d'infarto" per coprire la verità su di un trentenne, detenuto e morto nel carcere di Pisa perché portato al soffocamento, rinchiuso in isolamento e senza nebulizzatore; dopo una crisi asmatica e cinque ore di agonia, ad aprirgli la cella sono stati gli stessi che lo hanno ammazzato!

La madre di Marcello, Maria Ciuffi, non ha mai creduto alla versione "ufficiale" delle istituzioni stilata su suo figlio; due giorni dopo il decesso ha visto il corpo che perdeva ancora sangue e sporcava la camicia come se ci fosse una emorragia interna. 
La denuncia querela della madre scattò subito contro i secondini della 6° sezione che si trovavano in servizio dalla mattina fino all'ora della morte. 
Un detenuto ha detto che dopo il pestaggio i soccorsi sono arrivati in ritardo. L'omissione di soccorso è visibile anche dagli orari sui verbali della pubblica assistenza, che sono stati manomessi e corretti più volte.
Le foto confermano il pestaggio e danno un'altra versione dei fatti rispetto a quella del dottor Bassi, tanto che, dopo alcuni dubbi di Maria, ripetutamente evidenziati sulla stampa tramite delle dichiarazioni, la procura di Livorno non ha potuto fare a meno di aprire un indagine contro ignoti, con il reato d'omicidio e mancato soccorso. Indagine conclusa pochi giorni fa dal sostituto procuratore Pennisi che inizialmente ha preso tempo, ha negato i confronti e gli interrogatori ed infine il 2 luglio ha iniziato la procedura d'archiviazione per "suicidio o morte accidentale".

Se leggiamo gli articoli che sono usciti su questo argomento, possiamo notare che i giornalisti hanno trattato questa vicenda con le mani di velluto, come se la verità scoperta grazie all'impegno della madre fosse un'opinione tutta sua. Eppure è risaputo che molte persone detenute vengono torturate e uccise per mano dei secondini e il carcere è una struttura di morte e annientamento delle persone.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito proprio a questo. Tre detenuti ammazzati nel carcere di "Sollicciano", una persona morta nel lager "Le Sughere" e, secondo quello che viene riportato da "Il Tirreno", questo detenuto si sarebbe impiccato con una cintola, quando le cintole e le stringhe vengono tutte ritirate al momento del sequestro nel carcere e riconsegnate all'uscita. 

La mancanza di libertà propria dell'attuale società democratica e estremizzata con la tortura all'intero di carcere, con la privazione 
dell'intimità e con la tremenda sensazione di essere alla mercè di gente senza scrupoli, un domani potrebbe essere solo un brutto sogno. 
Nessuno di noi decide le regole di questa società, secondo quale logica assurda dovremmo continuare a rispettare la legge, cioè il volere degli oppressori?
La solidarietà allora va a tutti/e coloro che subiscono la repressione dello Stato e che sono rinchiusi e isolati nelle galere. 
Su questo foglio non troverete alcune parole che legittimano queste strutture di morte, ma una ferma condanna verso chi le mantiene in piedi, tanto meno 
troverete riferimenti a diritti o a porcherie proprie del linguaggio giuridico che illudono le persone e proteggono il potere. Solo con percorsi diversi da quelli affini alla legge e lontani dagli schieramenti verticali delle istituzioni, possiamo illuminare un sentiero chiaro e visibile dal 
basso, associandosi tra i senza potere, per abbattere la prigionia voluta da quella casta di mostri che vuole continuamente comandare, sfruttare e dichiarare guerra ai popoli, avvelenare la natura e distruggere la vita degli 
esseri viventi.




Pierpaolo D'Andria, direttore del carcere: "il decesso è avvenuto alle 19,40, 
Lonzi era in cella con un altro detenuto che in quel momento dormiva. Ma si è 
svegliato e l'ha visto per terra. Ha chiesto aiuto ed i soccorsi sono 
scattati subito. E' intervenuto il nostro medico che ha iniziato le pratiche 
di rianimazione."



INTERVISTA-TESTIMONIANZA DI UNA PERSONA DETENUTA AL CARCERE "LE SUGHERE" DI 
LIVORNO.



Domanda - Quanto tempo sei stato nel carcere di Livorno?

Risposta - Attualmente un mese e mezzo, in totale cinque anni.

D - Ci vuoi raccontare qual è la realtà nelle celle di questo carcere?

R - La realtà della cella è invivibile. le celle sono di tre metri e dentro 
ognuna ci sono 4 o 5 detenuti, non si resiste.

D - C'è anche un bagno?

R - Si, c'è, ma è impossibile entrarci perché è sporco.

D - Quindi c'è anche un problema di sporcizia.

R - Si.

D - Cosa fate all'interno di queste celle così piccole?

R - Niente. ognuno sta nel suo letto, si addormenta o guarda la tv. Sennò c'è 
l' "ora d'aria" o una saletta dove andiamo a giocare a carte. Basta.

D - Una delle realtà che più ci ha colpiti, anche alla luce del caso di 
Marcello Lonzi, è il regime di disciplina all'interno del carcere livornese.

R - Si.

D - Qual è l'atteggiamento delle guardie nei confronti dei detenuti?

R - La Polizia penitenziaria a Livorno comanda troppo, fa ai detenuti quello 
che vuole. Se qualcuno chiede qualcosa alle guardie, come ad esempio una 
"spesa anticipata" o dei fogli per compilare le "domandine", assumono un 
atteggiamento alterato e, a seconda di come gli viene risposto, il detenuto 
viene immobilizzato con le braccia rigirate dietro la schiena, portato giù 
all'isolamento, e qui isolato, o pestato, o rinchiuso nella "cella liscia".

D - La Polizia penitenziaria ha quindi un atteggiamento molto duro nei 
confronti dei detenuti?

R - Si, nei confronti dei detenuti si.

D - Tu sei stato nella cella d'isolamento delle "Sughere"?

R - Si, sono stato nella "cella liscia".

D - E cosa è successo?

R - Mi hanno preso perché, giunto da un altro carcere, avevo chiesto una 
"spesa anticipata". Sono venuti a muso duro davanti alla cella e mi hanno 
detto: "Se non stai zitto ti si prende e ti si attacca al muro". Siccome io 
non sono una persona che si zittisce così, gli ho risposto a tono e così sono 
tornati in 5, mi hanno preso e portato giù alla "cella liscia", spogliato in 
mutande, e tenuto così per 4 giorni, con solo il materasso.

D - Quindi tu sei stato tutti questi giorni nudo, in mutande, in una cella 
liscia che non ha nulla, solo il materasso?

R - Si, solamente con un materasso in terra.

D - Cosa hai provato?

R - Ci si sente proprio a terra. Olteretutto viene chiuso sia il cancello, 
sia il blindato, e non puoi chiamare neanche le guardie, perché se le chiami 
entrano dentro e ti riempiono di botte. Non puoi fare nulla, questo te lo 
dicono appena entri con minacce dirette, non puoi aprire nemmeno la bocca.

D - Sei stato picchiato durante l'isolamento?

R - Io si.

D - Vuoi raccontarci cos'è successo?

R - Nella "cella liscia" mi hanno picchiato ed io ho risposto, così sono 
venuti in 6 o 7 e non ho più potuto far nulla, mi hanno spaccato la faccia. 
Quando ti picchiano puoi pure rispondere, ma al massimo puoi colpirne uno, 
spintonarne un altro e poi sei finito, ti accerchiano e ti seppelliscono di 
cazzotti e pedate, fino ad ammazzarti. Io mi sono rivoltato e gliel'ho detto: 
tanto vi prendo fuori quando siete "in borghese".

D - Sei stato picchiato a mani nude?

R - Loro avevano i guanti, guanti e scarponi con la punta in ferro che fa 
molto male.

D - Cosa si prova quando sei in isolamento e ti entrano 6 guardie dentro per 
picchiarti?

R - Uno se ne accorge subito, perché quando vengono a picchiarti chiudono i 
cancelli dietro e intorno a sé, cancelli e blindati. Se il tuo rimane aperto, 
stai tranquillo che prima o poi arrivano 6 o 7 guardie a picchiarti. A quel 
punto cosa fai, ti metti in un angolo, o in fondo alla parete, e sai già a 
cosa andrai incontro. Io mi metto in fondo, in un angolo, e se ne prendo uno 
bene, sennò me le piglio tutte io.

D - Ci sono altre persone nel carcere di Livorno che hanno subito lo stesso 
trattamento?

R - Si, ne ho viste, portate via e anche picchiate nel corridoio. Ho visto 
detenuti prenderne da 4 o 5 guardie, anche davanti a tutti.

D - Hai visto rientrare qualcuno dalla cella d'isolamento?

R - Si, avevano la faccia rotta, gli mancavano i denti.

D - Ultimamente c'è un incremento della violenza nei confronti delle persone 
detenute o no?

R - Si, c'è un incremento. Forse dipende dal fatto che ci sono troppi 
detenuti o perché il carcere cade a pezzi, le sezioni cadono a pezzi, in una 
cella dormono in 6 o 7, mentre prima ci dormivano in 2. Aumentano i detenuti 
e aumentano i pestaggi.



Questa è una testimonianza sulla realtà del carcere di Livorno, dove è morto 
Marcello Lonzi, di 29 anni, morto dopo essere stato messo in isolamento. 
Marcello è morto in una realtà di violenza quotidiana, di violenza come 
abitudine e prassi.






anarchici e anarchiche 

via del cuore 1 PISA





7 LUGLIO 2004 
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Fine di Digest di Contropotere, Volume 4, Numero 3
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