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Lun Abr 4 17:29:15 CEST 2005


Il Manifesto

2 APRILE
Cittadini di confine
SANDRO MEZZADRA
Da Lubiana a Malaga, da Manchester a Salonicco, da Ragusa
a Rotterdam, in più di cento città europee si manifesta
oggi per la libertà dei migranti. È un piccolo miracolo:
nata nelle discussioni che si sono svolte nello scorso
ottobre a Londra, in occasione del Forum sociale europeo,
la proposta di una seconda giornata europea di
mobilitazione sui temi delle migrazioni (dopo quella del
31 gennaio 2004) ha via via raccolto l'adesione di decine
di gruppi e di reti, nonostante non si possa certo dire
che sia stata fatta propria dalle grandi organizzazioni
che pure a Londra erano presenti. Eppure la giornata di
oggi riveste un'importanza fondamentale, che va ben al di
là di ogni interpretazione delle migrazioni come questione
«settoriale». Vale la pena di segnalarne sinteticamente
almeno due ragioni.

In primo luogo, le iniziative di oggi si pongono
direttamente sul terreno europeo. In questione non è certo
un'adesione supina all'Europa del trattato costituzionale.
Nella contestazione radicale di un istituto chiave delle
politiche migratorie europee - i centri di detenzione
amministrativa - la mobilitazione di oggi trova anzi uno
dei suoi motivi unificanti. Più in generale, i centri di
detenzione sono contestati, oltre che per lo scandalo che
la loro mera esistenza rappresenta, in quanto simboli di
un insieme di processi che stanno disegnando il profilo
materiale della cittadinanza europea in formazione,
attraversata e divisa da molteplici confini. Al tempo
stesso, tuttavia, è proprio il movimento sociale dei
migranti a indicare quotidianamente come lo Stato
nazionale sia ormai un contenitore troppo angusto non solo
per i capitali, ma anche per le pratiche che si vogliono
antagoniste. L'Europa disegnata dai movimenti migratori è
certo diversa da quella di Schengen e di Maastricht: è
nondimeno lo spazio politico immediato su cui quei
movimenti sfidano a misurare la propria immaginazione
politica e le proprie proposte chiunque si impegni per la
costruzione di alternative all'esistente.

La libertà di movimento dei migranti, la parola d'ordine
delle mobilitazioni di oggi, non ha in questo senso nulla
di retorico. Più che indicare una rivendicazione, si
propone di definire l'orizzonte al cui interno si
iscrivono già ora le pratiche e le lotte quotidiane dei
migranti in tutta Europa: pratiche e lotte che proprio sul
terreno strategico della mobilità si dispongono, ponendo
in evidenza l'intensità delle tensioni e degli scontri che
su di esso si determinano. I processi che stanno oggi
ridefinendo la figura della cittadinanza e il «mercato del
lavoro» hanno tutti al centro il controllo selettivo della
mobilità, lo scatenamento di alcune sue forme,
l'«imbrigliamento» o la radicale negazione di altre. È un
terreno che non è ancora stato apprezzato fino in fondo
dai movimenti (per non parlare delle forze politiche e
sindacali che a essi si dichiarano prossime), troppo
spesso irretiti in una critica del neoliberismo che
rischia, essa sì, di risultare meramente retorica.

Sta qui la seconda ragione dell'importanza «generale»
della mobilitazione di oggi. Assumendo la mobilità come
terreno di conflitto, su cui si gioca oggi la
ridefinizione delle figure del dominio e dello
sfruttamento ma su cui si scaricano anche bisogni,
desideri e pratiche soggettive che possono nutrire una
reinvenzione dei concetti di libertà e di uguaglianza,
essa pone una sfida che non riguarda solo i migranti. È la
stessa composizione del lavoro vivo, sono le forme stesse
della cooperazione produttiva a essere innervate da un
insieme di conflitti che hanno al proprio centro il
controllo della mobilità. Per questo, come sembrano aver
compreso le reti europee che hanno puntato sulla
costruzione di un nesso forte tra la mobilitazione di oggi
e la costruzione della Euromayday 2005, il confronto con
le istanze e con le lotte del lavoro migrante è uno dei
presupposti ineludibili per poter affrontare in modo
finalmente non subalterno problemi come quelli della
flessibilità e della precarietà.





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