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Jue Feb 17 01:03:42 CET 2005


Il manifesto - 16 Febbraio 2005
La disciplina del mercato
Lo stato produttore di norme affiché la logica formale della concorrenza 
possa realizzarsi. E' questa la rottura operata nel confronti del 
liberalismo classico in Germania federale e negli Stati uniti, nel quale 
l'intervento statale non si può limitare al «laissez faire», ma 
diventare il laboratorio che dà l'avvio a una «capitalizzazione» della 
società dove la logica del mercato è estesa alla formazione, alle 
relazioni matrimoniali, alla penalità
Pubblicati in contemporanea per le edizioni Gallimard-Seuil, e curati da 
Michel Senellart, i corsi finora inediti di Michel Foucault tenuti al 
Collège de France tra il 1977 e il 1979 su «Sécurité, territoire, 
population» e «Naissance de la biopolitique». E se nel primo volume il 
filosofo francese continua la sua esplorazione della microfisica del 
potere, nel secondo sono poste le basi per una analisi critica del 
nascente neoliberismo
MASSIMILIANO GUARESCHI
Nel 1997 iniziava, con Bisogna difendere la società, la pubblicazione 
dei corsi tenuti da Michel Foucault al Collège de France. Già l'uscita 
del primo volume testimoniava come l'interesse per l'iniziativa andasse 
ben oltre l'ambito della filologia foucaultiana. Bisogna difendere la 
società, infatti, presentava una ricerca totalmente «inedita», a partire 
dalla valorizzazione di una linea di riflessione sulla società e i suoi 
conflitti incentrata sulla guerra delle razze, ponendosi così come testo 
imprescindibile non solo nell'economia del discorso foucoultiano ma più 
in generale nell'analisi della modernità politica e della genesi del 
razzismo. Tale impressione non può che essere confermata dalla recente 
uscita in contemporanea per le edizioni Gallimard-Seuil, a cura di 
Michel Senellart, dei corsi su Sécurité, territoire, population e 
Naissance de la biopolitique tenuti, rispettivamente, nel 1977-1978 e 
1978-1979. Nel primo volume Foucault aggiunge un ulteriore tassello a 
quella concettualizzazione dei regimi di esercizio del potere che 
rappresenta il pendant storico della sua proposta di un rinnovato 
approccio, all'insegna della «microcrofisica», alla tematica del potere. 
In particolare, al centro del corso si colloca l'emergere, a partire dal 
XVIII secolo, di un paradigma della sicurezza, distinto da quello 
disciplinare, incentrato sul governo dei flussi e della mobilità, sulla 
gestione, in termini di costi e ricavi, di eventi probabili. Procedendo, 
il discorso sulle tecnologie della sicurezza lascia il campo a 
un'indagine intorno al principio della «governamentalità», di cui 
vengono seguite le trasformazioni dalla pastorale cristiana fino alle 
trasmutazioni politiche rubricabili sotto le definizioni di ragione di 
stato e stato di polizia.

Il circolo degli «ordoliberisti»

Sécurité, territoire, population si presenta dunque come un testo nel 
quale trova una ricca articolazione l'indagine foucaultiana sui 
dispositivi che scandiscono la modernità politica. Assai diverso è 
invece l'interesse che può suscitare Naissance de la biopolitique. Al di 
fuori di testi legati alle contingenza della militanza, mai come in 
questo caso Foucault appare impegnato a riflettere sul presente e sui 
suoi snodi politici. In primo luogo si deve rimarcare come il titolo del 
corso possa risultare fuorviante, in quanto rappresenta una reminescenza 
di quello che avrebbe dovuto essere il tema affrontato, poi abbandonato 
a partire dall'affermarsi di un differente fuoco problematico: un ciclo 
di lezioni sulla nascita della biopolitica si trasforma così nel 
tentativo di tracciare una genealogia del neoliberismo, identificato 
come fulcro della «governamentalità» a venire e colto in due differenti 
luoghi di elaborazione: Germania e Stati uniti.

Ed è proprio al «caso Germania» che il filosofo francese riserva una 
particolare attenzione in Naissance de la biopolitique. A tale interesse 
non è estraneo un sottotesto polemico che rimanda alle rotture 
consumatesi in occasione della mobilitazione contro l'estradizione in 
Germania di Klaus Croissant, avvocato del gruppo armato della Raf, 
accusato di un'«intelligenza» con i suoi assistiti che sarebbe andata 
oltre i diritti della difesa. Foucault prese posizione a favore 
dell'avvocato, a partire da posizioni garantiste, manifestando tuttavia 
un totale dissenso nei confronti di un documento sullo stesso tema 
incentrato sulla denuncia di una svolta autoritaria in Germania. E' in 
quel contesto che avviene la rottura personale e politica fra Foucault e 
Deleuze, che troverà una ricomposizione solo postuma. Per Foucault 
l'evocazione di uno scenario che parlava di progressiva fascistizzazione 
della Germania rappresentava una facile scorciatoia. I processi in atto 
a suo avviso erano ben altri: al caso tedesco potevano essere 
effettivamente essere attribuite valenze esemplari, ma a patto di 
considerarlo nella giusta luce. E' infatti oltre il Reno che Foucault 
individua uno dei principali laboratori in cui si è formato quel 
neoliberismo che proprio nella seconda metà degli anni Settanta iniziava 
la sua «lunga marcia».

L'attenzione del filosofo francese si concentra però inizialmente sugli 
anni dell'immediato dopoguerra e sull'azione svolta in Germania da 
Ludwig Erhard, ministro delle Finanze di Adenauer, e dai circoli 
intellettuali a lui legati, che comprendevano figure come Walter Eucken, 
Franz Böhm, o Alfred Müller-Armack (il padre della definizione di 
«economia sociale di mercato» che tanto entusiasmo suscita oggi, a 
prezzo di qualche equivoco, fra le fila del centro-sinistra). Si tratta 
degli animatori, fin dagli anni Trenta, della rivista «Ordo», da cui la 
definizione di «ordoliberisti».

La scambio degli equivalenti

A parere di Foucault il problema di fronte a cui la Germania federale si 
trovava in quel frangente era quello di elaborare un fondamento alla 
costruzione di un nuovo stato a partire dall'improponibilità di una 
legittimità storica, definitivamente compromessa dall'avventura nazista. 
Si affermerebbe così l'idea di una fondazione legittimante dello stato 
sulla garanzia dell'esercizio della libertà economica: «La storia aveva 
detto no allo stato tedesco, adesso era l'economia che poteva 
permettergli di affermarsi».

Secondo Foucault nella Germania federale avviene un ribaltamento 
rispetto al liberalismo, quest'ultimo inteso come arte di governare che 
inizia ad affermarsi verso la metà del XVIII secolo procedendo a 
limitare dall'interno l'esercizio del potere statuale attraverso non il 
richiamo ai diritti naturali dei cittadini: nel paese che ha conosciuto 
il nazismo e che è uscito distrutto dalla guerra si individuare una 
sfera, il mercato, in cui il non intervento statale risulterebbe 
indispensabile. Nel caso tedesco si assisterebbe dunque non alla 
definizione, a partire da un potere statuale costituito, di una regione 
in cui lasciare libero corso al laissez faire degli interessi privati, 
ma a uno stato che riceve la propria legittimità dai ne pas laissez 
faire della razionalità di mercato. In tale contesto, l'elaborazione 
«ordoliberista» non si limita a sostenere l'esigenza di lasciare libero 
corso alla logica economica ma si propone di verificare fin dove si 
estenda il potere di informazione politica e sociale delle relazioni di 
mercato.

Foucault insiste a più riprese sul fatto che nel neoliberismo non si 
deve vedere una semplice riproposizione del liberismo propriamente 
detto. L'elaborazione «ordoliberale» gli offre infatti l'occasione per 
sottolinearne gli scarti rispetto ai «classici». In primo luogo, viene 
indicato come presso gli economisti tedeschi nella definizione del 
libero mercato l'accento si sposti dalla questione dello scambio, 
dell'equivalenza, a quello della concorrenza. Inoltre, in rottura con il 
«naturalismo» dei classici del liberalismo, gli «ordoliberisti» 
insistono sul carattere assolutamente artificiale del mercato, che 
necessita di una strutturazione, di un ordine. La concorrenza non è 
quindi un dato originario e per dispiegare la sua operatività necessita 
di specifiche condizioni. Di conseguenza, il potere statuale non si può 
limitare al laissez faire ma deve procedere attivamente alla 
predisposizione di un quadro, giuridico e istituzionale, nel quale la 
logica formale della concorrenza possa concretamente realizzarsi. 
Insomma, una prospettiva ben lontana dalla retorica dello «stato minimo» 
e, si potrebbe aggiungere, in rotta di collisione anche con le proposte 
di stampo anarco-capitalista.

L'ancora atlantica

Per gli «ordoliberisti», infatti, la concorrenza rappresenta un 
principio in grado non solo di ottimizzare le relazioni economiche ma 
anche di correggere le irrazionalità sociali: «Si tratta di fare del 
mercato, della concorrenza e, di conseguenza, dell'impresa ciò che si 
potrebbe definire la potenza informante della società». L'idea è quella 
di una società della capitalizzazione generalizzata, garantita dalle 
possibilità offerte da una crescita economica non più frenata dalle 
turbative indotte dall'intervento statale. Rispetto alle politiche che 
miravano a compensare gli squilibri sociali ed economici prodotti dal 
mercato attraverso la redistribuzione del reddito e l'accesso 
generalizzato ai beni pubblici l'opposizione non può essere più netta.

Dopo il «caso» Germania, il volume passa all'«ancoraggio» americano del 
neoliberismo di cui Foucault sottolinea, anche in questo caso, gli 
elementi di rottura rispetto al liberalismo classico. Primo punto preso 
in considerazione è il mutamento di paradigma nella teoria economica, 
con il passaggio da un modello di analisi centrato si meccanismi di 
produzione, scambio e consumo a un'impostazione in termini di analisi 
delle scelte di allocazione delle risorse scarse. Nel suggerire tale 
mutamento di prospettiva fondamentale sarebbe stato il rilievo avanzato 
da autori quali Thomas Schultz e Gary Becker secondo cui l'economia 
politica avrebbe fornito un trattamento inadeguato del lavoro, 
riducendolo alla sua dimensione quantitativa: il valore-lavoro. Per 
restituire «concretezza» al lavoro l'attenzione viene spostata sul 
lavoratore inteso come soggetto economico attivo, per giungere 
all'elaborazione di una teoria del capitale sociale. Il salario dal 
punto di vista del lavoratore sarebbe infatti non il corrispettivo della 
vendita della sua forza lavoro quanto un reddito, che come tale deve 
derivare dal rendimento di un capitale. Tale capitale, detto «sociale», 
altro non può essere che il complesso delle competenze fisiche e 
intellettuali del lavoratore stesso, che vengono investite sui mercati 
più remunerativi. Evidenti appaiono in proposito i possibili punti di 
convergenza con le analisi «ordoliberiste» che rimandano all'immagine - 
assai diffusa ai nostri giorni - di una società e di un'economia che 
trova nell'impresa la sua unità di base e di decifrazione, a tutti i 
livelli.

Un altro punto su cui Foucault si sofferma rimanda all'utilizzo del 
mercato come chiave di intelligibilità di qualsiasi tipo di relazione 
sociale o di dinamica istituzionale. La generalizzazione della forma 
impresa implica infatti l'attivazione generalizzata del modello 
economico «investimento-costo-profitto» come criterio di decifrazione 
dei comportamenti individuali e collettivi. A questo proposito Foucault 
propone alcuni esempi di estensione dell'analisi di mercato a terreni 
non specificamente economici come la formazione, le relazioni 
matrimoniali, la penalità, soffermandosi inoltre sul carattere 
fondamentale per il neoliberismo statunitense del dibattito, scaturito 
dal libro di Ludwig von Mises Human Action, circa l'applicabilità della 
griglia concettuale dell'homo oeconomicus a tutte le azioni, tanto 
quelle razionali che quelle irrazionali. La critica «economicista» si 
applica oviviamente anche all'azione di governo.

I fatti e le norme

Si profila così «una sorta di tribunale economico che pretende di 
giudicare l'azione del governo in termini strettamente di economia e di 
mercato». In proposito, il neoliberismo americano sembra manifestare un 
approccio maggiormente semplicistico rispetto alle proposte tedesche di 
un economia sociale di mercato. A una visione del mercato come 
dispositivo naturalistico si coniuga l'idea in base alla quale lo stato, 
lungi dal vedersi affidare le complesse funzioni di strutturazione dello 
spazio della concorrenza, è tendenzialmente percepito come istanza 
perturbante da limitare in tutti i modi. In tal senso, si può 
sottolineare come l'«ancoraggio» tedesco possa risultare decisamente più 
utile per comprendere le dinamiche del neoliberismo globale rispetto 
alle semplificazioni «ideologiche» e naturalistiche di quello statunitense.

Per caratterizzare le politiche economiche degli ultimi decenni si parla 
spesso di deregulation, una scelta terminologica che se non assunta in 
senso metaforico può risultare fuorviante. Al centro della 
ristrutturazione dei mercati internazionali si colloca infatti non certo 
un ritorno a una dinamica «naturale» quanto una meticolosa 
ridefinizione, sul piano globale segnato dall'intreccio di istanze 
statali e sovranazionali, dei meccanismi normativi e istituzionali: il 
quadro, direbbero gli ordoliberisti, all'interno dei quali si sviluppano 
le dinamiche economiche.

Nella discusssione pubblica si parla molto di neoliberismo. Assai 
diffusa resta la tendenza a leggere il fenomeno in termini di revival, 
di ritorno a modalità ottocentesche di regolazione delle relazioni 
sociali ed economiche. A fronte di ciò, lo sforzo foucaultiano di 
cogliere i tratti distintivi del neoliberismo appare dunque di 
straordinaria importanza teorica. Ed egualmente interessante appare 
inoltre riflettere su un altro sottotesto che percorre il testo di 
Foucault, ponendosi come un nucleo problematico decisivo nell'orientare 
la sua analisi verso il neoliberismo.

Nel 1983 Foucault aveva intrapreso una ricerca, rimasta allo stato di 
progetto, sulla politica socialista. La questione era le seguente: 
esiste una «governamentalità» specificamente socialista, distinta da 
quelle liberali o dispotiche su cui il socialismo si è innestato nelle 
sue varianti occidentali e orientali? La questione, al di là delle 
opzioni terminologiche, resta attuale, e rappresenta il necessario 
complemento di una critica al neoliberismo proiettata sul futuro.





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